domenica 11 febbraio 2024

Da Marescotti a Chigi: Storia di un palazzo e di chi lo ha vissuto



“Ond’io a lui: Lo strazio e il grande scempio,

Che fece l’Arbia colorata in rosso,”

Inferno Canto X Ver. 85/86


Così il Sommo Poeta racconta la battaglia di Montaperti.

Dall’avvenimento narrato erano passati 61 anni, ma l’eco di quell’epica battaglia risuonava ancora forte nelle orecchie. Dante era venuto a conoscenza dei fatti dai racconti di chi c’era, quasi come oggi ascoltiamo le storie dei vecchi Palii nelle serate estive. Così come oggi ognuno racconta la sua versione del Palio, all’epoca accadeva uguale anche riguardo una guerra, creando versioni fantasiose e talvolta leggendarie. Rispetto la battaglia di Montaperti di storie non del tutto veritiere ne sorsero tantissime. Infatti vive ancora la leggenda di Cerreto Ceccolini, il tamburino che avrebbe fatto la radiocronaca dello scontro, appollaiato sulla torre Marescotti.
Come ho detto questa è una leggenda, non abbiamo la sicurezza che Ceccolini possa aver fatto questa cronaca, anche a causa della grande distanza; tuttavia la torre esiste ancora.
Torre Marescotti appartiene alla cellula embrionale di quello, che nel 1877, diverrà Palazzo Chigi Saracini.


Marescotti


Ritratto di Mario Scoto


Come tutte le famiglie potenti, anche i Marescotti si danno un’origine importante facendo risalire la loro casata a Marius Scotus, fantomatico militare scozzese dell’VIII secolo. La leggenda racconta che quando nel 773 d.C. Carlo Magno scese in Italia contro i Longobardi, rei di non aver rispettato il limite del territorio papale.  Mario Scoto, che era stato incaricato da suo fratello Guglielmo Conte di Douglas, di comandare il suo esercito al fianco di Carlo Magno, trovò un passaggio tra le montagne e attaccò di sorpresa i Longobardi.  Lasciate le armi alla fine del secolo, si sposò con una nobildonna italiana  e ricevette l’incarico di fare da scorta al Papa. Nell’800 ricevette l’investitura del contado di Bagnacavallo in Romagna.  La famiglia Marescotti conserva tutt’oggi un ritratto d'uomo d'arme che porta la seguente iscrizione in latino “Marius de Calveis, Scotus, Carl Mag M Dux Familiam Marescotti Fundavit ANN D. DCCC.”
Di fatto la prima menzione attendibile di un appartenente alla dinastia è un Mariscotto, console del comune di Bologna e poi capitano generale  nel 1179 e un Raniero Marescotti, nominato Cardinale da Papa Lucio II nel 1144.
Il ramo Senese si sarebbe formato con Guglielmo Marescotti, podestà di Siena nel 1232. Tuttavia la loro presenza nel senese, è documentata già nel XII secolo, come feudatari della maremma.


Il primo palazzo

Scendendo Via di Galgaria (antico nome di Via di Città, dovuto alla presenza dei “Galgari”, cioè cuoiai e calzolai) si apre sulla destra il vicolo di Tone. Questo passaggio, che secondo Lusini si riconnetterebbe all’antica strada romana di Tascheto  (oggi Via dei Percennesi), prende il nome da Guido Marescotto dei Marescotti. Guido o Guittone (da qui il toponimo) sarebbe colui che iniziò la costruzione del Palazzo, partendo proprio dalla torre di cui parlavamo precedentemente.
Siamo alla metà del 1200 circa e la posizione prima e la leggenda poi, pongono l’accento sull’influenza che aveva questa famiglia nel panorama politico senese.

 

Passaggio di consegne

Nel corso dei tre secoli durante i quali il palazzo rimase di proprietà dei Marescotti, vennero effettuati molti ampliamenti assorbendo le costruzioni adiacenti.
La famiglia rimase in possesso dell’edificio fino al XVI secolo, quando venne acquistato dai Piccolomini del Mandolo: altra importantissima casata senese a cui dobbiamo l’attuale aspetto rinascimentale, tramite le decorazioni raffaellesche del loggiato esterno ed il fregio istoriato rappresentante le storie di Pio II.


Piccolomini

Stemma della famiglia Piccolomini

Questa famiglia è senza dubbio una delle più importanti della storia della Città. Anche i Piccolomini, come già abbiamo detto per i Marescotti, fanno risalire l’inizio della stirpe a tempi molto remoti.

Francesco Maria Piccolomini vescovo di Pienza nel 1597, in risposta a Ottaviano Crociani, raccontò che il segretario di Papa Pio II, Leonardo Dati, avrebbe trascritto il diario di Caio Vibenna dove sono raccontati i fatti del re Porsenna riguardo un Bacco Piccolomini, signore di Castelmontone, che sarebbe andato in soccorso di quel re contro i romani, inalberando lo stendardo che è ancora oggi blasone della famiglia.
Il bisogno di far risalire le origini a fatti o persone di primo piano storico era necessario, quanto lo sono oggi le referenze per trovare lavoro. Esse servivano appunto da garanzia e vanto, nei confronti delle altre famiglie nobili della zona, per cui talvolta è facile imbattersi in storie più che fantasiose.


Piccolomini del Mandolo

Questo ramo della casata Piccolomini  ha origine nel corso del XIII secolo, con Biagio di Carlo figlio di Carlo di Gabriello di Rustichino. I componenti furono molto presenti nelle cronache senesi per il loro altissimo livello culturale e sociale che permise l’acquisto del palazzo Marescotti e l’adeguamento in chiave rinascimentale di cui abbiamo parlato. La Famiglia Piccolomini del Mandolo, dopo aver annoverato svariati Vescovi e Arcivescovi, anche molto influenti presso il papato,  si estinse nel corso del XVII secolo, quando i figli maschi di Guglielmo e Giuditta Amerighi morirono senza dare discendenza.


Tracce dei Mandoli

ASSi, Tavoletta di Biccherna n. 82, Anonimo “Un torneo in piazza del Campo”, 1607 - Immagine autorizzata dall’Archivio di Stato di Siena

I Piccolomini dal Mandolo sono, come si intuisce, l’unione matrimoniale tra i rampolli delle due casate. Purtroppo, mentre dei Piccolomini abbiamo moltissime documentazioni anche relativamente antiche, dei Mandoli disponiamo di pochissime attestazioni, tra le quali gli  stemmi raffigurati su alcune tavolette di Biccherna, come ad esempio la numero 82 (1607-1610) e la numero 60 (1555). Ad oggi, una parte importante della famiglia Mandoli risiede a Lucca, da dove sembra sia nata la dinastia, ed è grazie ad una loro discendente, Rita Camilla Mandoli Dallan e alla sua straordinaria ricerca,  che mi è stato possibile ricostruire questa parte della storia del Palazzo Chigi (ancora Piccolomini del Mandolo).


Dai Saracini alla Chigiana

Dopo gli ammodernamenti rinascimentali apportati dalla famiglia Piccolomini del Mandolo, l’immobile passa nelle mani della famiglia Saracini – Lucherini (Lucarini).
L’unione delle due famiglie, Saracini e Lucherini, si ha nel 1668 quando Galgano Saracini venne adottato dalla famiglia Lucarini, unendo i due stemmi (effige di un moro sovrastato da un’aquila) e assumendone il cognome.
A partire dal 1770 avviene un’ulteriore  ampliamento della facciata, aggiungendo una fila di trifore fino a giungere al Vicolo di Tone; un ricongiungimento, se si vuole,  con la famiglia che aveva dato il via al Palazzo. 
Nel 1877, per volere testamentario di Alessandro Saracini Lucherini, l’edificio viene ceduto all’unico erede, il nipote Fabio Chigi che assunse il nome di Fabio Chigi Saracini (di fatto non vi è menzione del nome Lucherini, che sembra sparire in questo passaggio, dalla storia della casata), che a sua volta lo donò al nipote Guido Chigi Saracini. L’appartamento al primo piano venne adattato nel 1922, da Arturo Viligiardi (1869-1936) inserendovi anche un salone da concerti in stile settecentesco. La famiglia Chigi Saracini vi abiterà fino al 1965, riservando parte del palazzo all’Accademia Musicale Chigiana, istituita dal Conte Guido Chigi Saracini nel 1932, divenuta Fondazione Chigiana nel 1958.


Interno del Teatro – Si ringrazia per la foto la “Fondazione Accademia Musicale Chigiana”


Il nostro percorso attorno alla storia del Palazzo Chigi Saracini Lucherini, ci ha portato a scoprire persone e istantanee di storia senese, che corrono il rischio di andare perdute.

Tramite questo viaggio, abbiamo riconsegnato l’onore alla famiglia Marescotti e al ramo Piccolomini del Mandolo. Queste famiglie sono tutt’oggi parte fondamentale della nostra storia e meritano un posto d’onore accanto alle casate più “fortunate” del panorama storico senese.

 

Michele Vannucchi

 

Fonti usate

Sito dell’Accademia Chigiana; sito della SIAS – Sistema Informativo degli Archivi di Stato; sito della famiglia Mandoli; sito dell’archivio di Firenze; Sito Araldica Vaticana, archivio Marescotti-Ruspoli.

Tra gli storici da cui ho preso spunto cito Maura Martellucci e Roberto Cresti.

Bibliografia

Spicilegium theologicum seu difficiliores controuersiæ selectæ ..., Volume 3.
Toscana. Guida d'Italia (Guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2003
Archivio storico italiano di G.P. Vieusseux Tomo XXI anno 1875
Roberta Mucciarelli - L'archivio Piccolomini: Alle origini di una famiglia magnatizia: discendenza fantastiche e architetture nobilitanti, (edito in “Bullettino Senese di Storia Patria”, CIV, 1997, pp. 357–376)
Fascicolo 6436 Archivio di Stato di Firenze



ARTICOLO TRATTO DALLA RUBRICA: "STORIE DAI TERZI: TERZO DI CITTà" DEL NOTIZIARIO DEL FORUMME DEL 27 MARZO 2021

 

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