“Ond’io a lui: Lo strazio e il grande scempio,
Che fece l’Arbia colorata in rosso,”
Così il Sommo Poeta racconta la battaglia di Montaperti.
Dall’avvenimento narrato erano passati 61
anni, ma l’eco di quell’epica battaglia risuonava ancora forte nelle orecchie.
Dante era venuto a conoscenza dei fatti dai racconti di chi c’era, quasi come
oggi ascoltiamo le storie dei vecchi Palii nelle serate estive. Così come oggi
ognuno racconta la sua versione del Palio, all’epoca accadeva uguale anche
riguardo una guerra, creando versioni fantasiose e talvolta leggendarie.
Rispetto la battaglia di Montaperti di storie non del tutto veritiere ne
sorsero tantissime. Infatti vive ancora la leggenda di Cerreto Ceccolini, il tamburino che
avrebbe fatto la radiocronaca dello scontro, appollaiato sulla torre
Marescotti.
Come ho detto
questa è una leggenda, non abbiamo la sicurezza che Ceccolini possa aver fatto
questa cronaca, anche a causa della grande distanza; tuttavia la torre esiste
ancora.
Torre Marescotti
appartiene alla cellula embrionale di quello, che nel 1877, diverrà Palazzo
Chigi Saracini.
Marescotti
Come
tutte le famiglie potenti, anche i Marescotti si danno un’origine importante
facendo risalire la loro casata a Marius
Scotus, fantomatico militare scozzese dell’VIII secolo. La leggenda
racconta che quando nel 773 d.C. Carlo Magno scese in Italia contro i
Longobardi, rei di non aver rispettato il limite del territorio papale. Mario Scoto, che era stato incaricato da suo fratello
Guglielmo Conte di Douglas, di comandare il suo esercito al fianco di Carlo
Magno, trovò un passaggio tra le montagne e attaccò di sorpresa i Longobardi. Lasciate le armi alla fine del secolo, si
sposò con una nobildonna italiana e
ricevette l’incarico di fare da scorta al Papa. Nell’800 ricevette
l’investitura del contado di Bagnacavallo in Romagna. La famiglia Marescotti conserva tutt’oggi un ritratto d'uomo
d'arme che porta la seguente iscrizione in latino “Marius de Calveis, Scotus, Carl
Mag M Dux Familiam Marescotti Fundavit ANN D. DCCC.”
Di fatto la prima
menzione attendibile di un appartenente alla dinastia è un Mariscotto, console
del comune di Bologna e poi capitano generale
nel 1179 e un Raniero Marescotti, nominato Cardinale da Papa Lucio II
nel 1144.
Il ramo Senese si
sarebbe formato con Guglielmo Marescotti, podestà di Siena nel 1232. Tuttavia
la loro presenza nel senese, è documentata già nel XII secolo, come feudatari
della maremma.
Il primo palazzo
Scendendo Via di Galgaria (antico nome di Via di Città,
dovuto alla presenza dei “Galgari”, cioè cuoiai e calzolai) si apre sulla
destra il vicolo di Tone. Questo passaggio, che secondo Lusini si
riconnetterebbe all’antica strada romana di Tascheto (oggi Via dei Percennesi), prende il nome da
Guido Marescotto dei Marescotti. Guido o Guittone (da qui il toponimo) sarebbe
colui che iniziò la costruzione del Palazzo, partendo proprio dalla torre di
cui parlavamo precedentemente.
Siamo alla metà del 1200 circa e la posizione
prima e la leggenda poi, pongono l’accento sull’influenza che aveva questa
famiglia nel panorama politico senese.
Passaggio di consegne
Nel corso dei tre
secoli durante i quali il palazzo rimase di proprietà dei Marescotti, vennero
effettuati molti ampliamenti assorbendo le costruzioni adiacenti.
La famiglia rimase
in possesso dell’edificio fino al XVI secolo, quando venne acquistato dai
Piccolomini del Mandolo: altra
importantissima casata senese a cui dobbiamo l’attuale aspetto rinascimentale,
tramite le decorazioni raffaellesche del loggiato esterno ed il fregio
istoriato rappresentante le storie di Pio II.
Piccolomini
Questa famiglia è senza dubbio una delle più importanti della storia della Città. Anche i Piccolomini, come già abbiamo detto per i Marescotti, fanno risalire l’inizio della stirpe a tempi molto remoti.
Francesco Maria
Piccolomini vescovo di Pienza nel
Il bisogno di far
risalire le origini a fatti o persone di primo piano storico era necessario,
quanto lo sono oggi le referenze per trovare lavoro. Esse servivano appunto da
garanzia e vanto, nei confronti delle altre famiglie nobili della zona, per cui
talvolta è facile imbattersi in storie più che fantasiose.
Piccolomini del Mandolo
Questo ramo della casata Piccolomini ha origine nel corso del XIII secolo, con Biagio di Carlo figlio di Carlo di Gabriello di Rustichino. I componenti furono molto presenti nelle cronache senesi per il loro altissimo livello culturale e sociale che permise l’acquisto del palazzo Marescotti e l’adeguamento in chiave rinascimentale di cui abbiamo parlato. La Famiglia Piccolomini del Mandolo, dopo aver annoverato svariati Vescovi e Arcivescovi, anche molto influenti presso il papato, si estinse nel corso del XVII secolo, quando i figli maschi di Guglielmo e Giuditta Amerighi morirono senza dare discendenza.
Tracce dei Mandoli
I Piccolomini dal Mandolo sono, come si intuisce, l’unione matrimoniale tra i rampolli delle due casate. Purtroppo, mentre dei Piccolomini abbiamo moltissime documentazioni anche relativamente antiche, dei Mandoli disponiamo di pochissime attestazioni, tra le quali gli stemmi raffigurati su alcune tavolette di Biccherna, come ad esempio la numero 82 (1607-1610) e la numero 60 (1555). Ad oggi, una parte importante della famiglia Mandoli risiede a Lucca, da dove sembra sia nata la dinastia, ed è grazie ad una loro discendente, Rita Camilla Mandoli Dallan e alla sua straordinaria ricerca, che mi è stato possibile ricostruire questa parte della storia del Palazzo Chigi (ancora Piccolomini del Mandolo).
Dai Saracini alla Chigiana
Dopo gli ammodernamenti rinascimentali
apportati dalla famiglia Piccolomini del Mandolo, l’immobile passa nelle mani
della famiglia Saracini – Lucherini (Lucarini).
L’unione delle due famiglie, Saracini e
Lucherini, si ha nel 1668 quando Galgano Saracini venne adottato dalla famiglia
Lucarini, unendo i due stemmi (effige di un moro sovrastato da un’aquila) e
assumendone il cognome.
A
partire dal 1770 avviene un’ulteriore
ampliamento della facciata, aggiungendo una fila di trifore fino a giungere
al Vicolo di Tone; un ricongiungimento, se si vuole, con la famiglia che aveva dato il via al
Palazzo.
Nel 1877, per volere testamentario di
Alessandro Saracini Lucherini, l’edificio viene ceduto all’unico erede, il
nipote Fabio Chigi che assunse il nome di Fabio Chigi Saracini (di fatto non vi
è menzione del nome Lucherini, che sembra sparire in questo passaggio, dalla
storia della casata), che a sua volta lo donò al nipote Guido Chigi Saracini.
L’appartamento al primo piano venne adattato nel 1922, da Arturo Viligiardi
(1869-1936) inserendovi anche un salone da concerti in stile settecentesco. La
famiglia Chigi Saracini vi abiterà fino al 1965, riservando parte del palazzo
all’Accademia Musicale Chigiana, istituita dal Conte Guido Chigi Saracini nel
1932, divenuta Fondazione Chigiana nel 1958.
Il nostro percorso attorno alla storia del Palazzo Chigi Saracini Lucherini, ci ha portato a scoprire persone e istantanee di storia senese, che corrono il rischio di andare perdute.
Tramite questo viaggio, abbiamo riconsegnato l’onore alla famiglia Marescotti e al ramo Piccolomini del Mandolo. Queste famiglie sono tutt’oggi parte fondamentale della nostra storia e meritano un posto d’onore accanto alle casate più “fortunate” del panorama storico senese.
Michele
Vannucchi
Fonti usate
Sito dell’Accademia
Chigiana; sito della SIAS – Sistema Informativo degli Archivi di Stato; sito
della famiglia Mandoli; sito dell’archivio di Firenze; Sito Araldica Vaticana,
archivio Marescotti-Ruspoli.
Tra gli storici da
cui ho preso spunto cito Maura Martellucci e Roberto Cresti.
Bibliografia
Spicilegium
theologicum seu difficiliores controuersiæ selectæ ..., Volume 3.
Toscana. Guida
d'Italia
(Guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2003
Archivio
storico italiano di G.P. Vieusseux Tomo XXI anno 1875
Roberta Mucciarelli
- L'archivio Piccolomini: Alle origini di una famiglia magnatizia: discendenza
fantastiche e architetture nobilitanti, (edito in “Bullettino Senese di Storia
Patria”, CIV, 1997, pp. 357–376)
Fascicolo
6436 Archivio di Stato di Firenze