sabato 8 giugno 2024

Le prime testimonianze documentali dell'esistenza della Tartuca


Per quanto gli storici ed eruditi senesi del Settecento – come il Gigli, il Macchi, il Torrenti – ritenessero che la Tartuca fosse la Contrada più antica di Siena, essendo compreso nel suo territorio il nucleo della città altomedievale (ovvero Castelvecchio), non c’è alcuna certezza, né testimonianza documentaria, che ciò corrisponda al vero. Di sicuro i tartuchini presero a vantarsi di questa primogenitura, tanto da metterla nero su bianco nella Memoria istorico cronologica della Contrada della Tartuca, cioè la prima trattazione delle vicende storiche della Contrada, pubblicata in occasione della solenne consacrazione dell’oratorio nel 1818.


In realtà non sappiamo con precisione quando gli abitatori di Castelvecchio, delle Murella, delle vie dei Maestri e delle Cerchia, di Porta all’Arco e della castellaccia di Sant’Agata cominciarono ad aggregarsi sotto il nome della Tartuca. Nelle sporadiche menzioni di Contrade che si susseguono lungo il corso del XV secolo la Tartuca non viene citata, almeno direttamente. Con estrema probabilità un gruppo di abitatori della Compagnia militare di S. Pietro in Castelvecchio prese parte alla pugna del 1 marzo 1495 sotto l’insegna della famiglia Tegliacci, a quell’epoca dimorante nell’omonimo palazzo di via S. Pietro (oggi palazzo Buonsignori, sede della Pinacoteca nazionale). Questi pugnatores sponsorizzati dai Tegliacci avrebbero potuto costituire l’embrione contradaiolo della Tartuca. Si noti infatti che la rigida attribuzione dei territori delle antiche Compagnie militari alle Contrade è in buona parte frutto della fantasia interessata del conte Pecci, colui che riportò in vita l’Aquila. Come dimostrano le zone di residenza dei primi ufficiali della Contrada che ci sono noti, a formare il territorio della Tartuca concorsero porzioni, anche abbondanti, di S. Quirico in Castelvecchio e appunto S. Pietro in Castelvecchio, oltre ovviamente alle canoniche Porta all’Arco e Sant’Agata. Inoltre, almeno fino all’emissione del Bando sui nuovi confini del 1730, via S. Pietro era considerata dagli storici ed eruditi senesi facente parte della Tartuca. L’ipotesi che una parte della schiera dei Tegliacci nel 1495 fosse l’espressione primordiale della successiva Tartuca, non è dunque affatto peregrina.

Ma purtroppo attestazioni documentarie della Tartuca non si trovano fino all’epoca della guerra fatale col tiranno Carlo V ed il suo bieco scherano Cosimo de’ Medici. La Contrada di Castelvecchio non prese parte alla grande caccia ai tori del 1506, descritta doviziosamente da un anonimo visitatore fiorentino e che vide in Campo ben 12 delle Contrade attuali. La Tartuca fu però anche l’unica che non partecipò neppure alla più celebre fra tutte le cacce ai tori tenutesi in Piazza del Campo: quella del 15 agosto 1546. I motivi di questa assenza sono ignoti. La possibilità che la Tartuca non si fosse ancora formata parrebbe da scartare, in virtù della documentazione di poco posteriore che, al contrario, ne certifica l’esistenza anche prima della caduta di Siena. Rimangono in campo tutte le altre varie congetture: i tartuchini non si cimentarono nella caccia del 1546 per motivi politici (lo spettacolo pubblico doveva celebrare l’allontanamento dei Noveschi dal governo), oppure per mancanza di denari, o forse per scarsità di uomini? Le carte oggi a conoscenza degli studiosi tacciono.


Si consideri comunque che per tutta la prima metà del Cinquecento le testimonianze scritte (cioè quelle a noi note) sulle Contrade sono infinitamente poche, e che non si può escludere in assoluto che la Tartuca – al pari delle altre 4 mancanti nel 1506: Bruco, Civetta, Leocorno, Pantera – non si sia già costituita precedentemente alla prima citazione documentaria. Ad accrescere il mistero, quella che forse è davvero la prima notizia ufficiale dell’esistenza della Tartuca è contenuta in un foglio senza data, ma incollato al manoscritto che registra le note organizzative della caccia del 1546. Questa carta non datata riporta l’esito di un’altra caccia di tori dell’epoca in questione, e quindi dimostra come la Tartuca già esistesse. D’altronde la partecipazione agli spettacoli pubblici era facoltativa e non tutte le Contrade presenziavano di volta in volta (a questa caccia dalla data sconosciuta mancarono, ad esempio, Aquila, Civetta e Montone). Chi scrive aveva a suo tempo avanzato l’ipotesi che la caccia in questione potesse essere quella del 15 agosto 1555, svoltasi nella piazza grande di Montalcino dove si erano ritirati i patrioti irriducibili; ma gli elementi a suffragio di questa teoria sono comunque labili, per quanto affascinanti.

Arresasi anche la Repubblica ritirata in Montalcino, i Senesi superstiti rientrarono in patria e si cercò di costringerli ad onorare l’usurpatore mediceo con una grandiosa caccia di tori da allestirsi nel 1560 alla venuta dell’esecrato Cosimo. È in tale contesto che la Tartuca viene finalmente citata nei documenti, al pari delle altre 16 consorelle. La Contrada di Castelvecchio appare avere una consolidata prassi organizzativa, tale da non poter lasciare spazio a dubbi circa la sua esistenza antecedentemente allo scoppio della guerra con l’impero. Ad ulteriore riprova di ciò, la Contrada aveva la propria bandiera in deposito presso la chiesa di Sant’Agostino, evidentemente da prima dell’assedio. Non solo, ma già possedeva un carro a forma di tartaruga – detto appunto “la tartuca” – che era certamente servito nelle cacce ai tori precedenti ed era conservato in qualche rimessa dell’Opera del Duomo durante gli anni della guerra.

Rimane da dire – o meglio da ribadire – che il nome “Tartuca” non è certamente di derivazione spagnola, come una vulgata facilona e incolta prese ad ipotizzare numerosi decenni fa. Il lemma – peraltro attestato nei documenti senesi più antichi nella forma “Tartucha”, a riprodurre graficamente la tipica aspirazione della c di matrice locale – ha bensì un’origine tardo latina, addirittura su una base del sostrato etrusco-tirrenico. Secondo le più recenti indagini linguistiche e filologiche, insomma, tartuca (presente con le sue varianti similari tartuga, tortuca, tortuga nelle lingue romanze) è la forma più antica dell’italiano, che poi si modernizza in tartaruga a partire dal XVI secolo. Parrebbe perciò che a Siena il vocabolo antico si sia cristallizzato nel nome della Contrada, sopravvivendo nei secoli.

Giovanni Mazzini

Articolo tratto dal Notiziario del Forumme del 14 Giugno 2020 dedicato alla Contrada della Tartuca



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