sabato 2 marzo 2024

L'inganno del tempo: gallo nero e gallo bianco.


Quante volte nella nostra vita al suono della sveglia ci siamo girati dall' altra parte
bofonchiando “Ancora 5 minuti!”.
Io personalmente tutte le mattine. Confido di aver messo una sveglia ausiliaria e torno a sognare placidamente. I problemi cominciano quando mi accorgo che il mio sonno supplementare non è stato di 5 ma di 35 minuti.
Il resto sembra un copione già scritto: sequele di improperi e accidenti vari con l’inevitabile conclusione di essere in ritardo. Il tempo già non é galantuomo ma la mattina poi è un autentico tiranno. Non solo per i ritardatari cronici come me. Tutti siamo affamati di tempo; un bene che non ci basta mai. Per averne a disposizione sempre di più ci inventiamo stratagemmi sempre più articolati per contrastare il suo inesorabile scorrere.
Giusto ieri mentre sfrecciavo fra le colline del Chianti -ovviamente in ritardo con l’obiettivo a ingannare il mio tempo personale dalle maghe dei nostri giorni: le estetiste -mi sono ricordata di un racconto, una leggenda sotto alcuni aspetti, in cui l’ ingegno dell' uomo un po' di tempo e' riuscito a guadagnarlo davvero.

immagine tratta dal sito https://www.chianticlassico.com/

La storia è ambientata proprio in queste terre, in quel periodo mistico e complicato che è il Medioevo. La regione che già da allora si chiamava Chianti è sconquassata da due nemici di sempre: Siena e Firenze.
Non era solo una disputa di principio badate bene, come un' antipatia “a pelle”. La posta in gioco allora era molto più concreta. La posizione strategica tra il Valdarno il Fiorentino il Chianti nel centro esatto di un palcoscenico naturale di guerre.
In tutto questo dovete considerare le mire espansionistiche di Siena. Per spezzare una lancia a loro favore occorre osservare che la loro politica “estera” non dava i frutti sperati. A nord non riuscivano a fare breccia con i fiorentini e persino a sud le realtà comunali di Montepulciano e Montalcino giurano fedeltà al giglio. I tentativi di assedio poi non vanno a favore della controparte balzana.
Ma tornando al nostro racconto, le cronache dimostrano che né a parole né ad armi si riesce ad avere un risultato definitivo che garantisca una tregua un po 'più duratura.
La storia narra che in seguito all’accordo di Fonterutoli del 1208 entrambi gli schieramenti concedano di disputare una gara. I partecipanti sono un cavaliere senese e un cavaliere fiorentino. Lo svolgimento e' il seguente: i due sfidanti dovranno partire dai loro rispettivi accampamenti (posti alle porte delle rispettive città) al cantare del gallo e correre a spron battuto fino a che non si incontreranno. In quel punto, dove giglio fiorentino e balzana senese si incontreranno, lì sarà posto il confine e non se ne parlerà più.
Vengono scelti i galli: a Siena un gallo bianco e a Firenze un gallo nero.


Ed è qui che entra in scena l'ingegno umano (e forse il racconto diventa leggenda). Il canto del gallo infatti era un modo all’epoca per scandire il tempo. E' noto tutt' oggi che il gallo canta con il sorgere del sole. Il lampo di genio è stato far credere al gallo che il sole (per lui) doveva sorgere prima. Per farlo si è reso necessario fare leva su un bisogno ancora più ancestrale del cantare: la fame.
I senesi dettero al loro gallo dal manto candido mangiare a sazietà in modo che al sorgere del sole cantasse con un fragore tale da svegliare tutto l’ accampamento. I fiorentini, al contrario, al loro gallo non dettero da mangiare. Il povero pennuto quindi vinto dai morsi della fame se ne infischia del colore del cielo e in anticipo rispetto al sorgere del sole comincia a cantare.
Poco importa se tutt' intorno fosse ancora coperto dal velo della notte. Il segnale convenuto aveva squarciato l’aria forte e chiaro. Il cavaliere con lo stemma del giglio si infila l’elmo sale sul suo destriero e galoppa per ben 12 legge prima di incontrare il suo collega accompagnato dallo stemma della balzana. Per dare un riferimento si incontrano pressappoco nella zona di Castellina in Chianti.
Non oso immaginare la rabbia e lo smacco dei “sanesi” di trovarsi i confini guelfi a un tiro di schioppo dalle proprie mura. Conoscete il detto “Chi perde non cogliona ma ha diritto a sclerare”?
Manco a dire che la parte lesa ghibellina potesse presentare ricorsi o altro perché nell' accampamento guelfo c'erano i <<notari senesi>> presenti nel momento in cui quel galletto ha cominciato a cantare.
Mi diverto ad immaginare nobili e plebei, prelati e laici dietro le possenti mura che tutt'oggi possiamo ammirare, tutti insieme a mangiarsi le mani tirando improperi ed anatemi con gli occhi alzati al cielo per essere partiti in ritardo.
Non vi sembra di aver appena vissuto un deja-vù !?

Eleonora Sozzi


Bibliografia:
“La storia del Chianti”, Giovanni Righi Parenti- Edizioni Periccioli- Siena

si consiglia la visione del filmato realizzato dal Consorzio del Chianti Classico

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