Introduzione
Il Palio di Siena ha assistito attivamente, nel passaggio dal XIX
al XX secolo, al mutare della società contemporanea, così aveva fatto con le
epoche precedenti. In questa deriva storica, però ha avuto modo di “conoscere”
e farsi “raccontare” dai nuovi media, in particolare dai mezzi radiofonici e
televisivi; ma in questa rubrica, alla quale ci dedicheremo, la Festa è entrata
a far parte anche e soprattutto della storia del cinema italiano e
internazionale.
In questo senso ci “avventureremo” lungo una linea storica
piuttosto breve, ma intensa, analizzando alcuni dei frame che riguarderanno dei
contributi fondamentali. Nelle prossime settimane concentreremo il nostro
interesse verso pellicole storiche, che non si sono limitate al racconto del
Palio dell’epoca, ma ci hanno mostrato, per quanto fosse possibile, la storia
di Siena e d’Italia: quella del Ventennio, quella del cosiddetto “boom
economico” e quella del nostro tempo.
Insomma, quella del Palio è divenuta una storia non soltanto
orale, scritta o dipinta, ma ha sentito il bisogno e una forte necessità, di
essere rappresentata anche sul grande schermo. In effetti, il cinematografo è
sorto con quella idea “romantica” e in qualche modo “futurista” del movimento.
E se escludiamo, per qualche istante, le immagini della vita contradaiola e
quelle del Corteo Storico, l’essenza della velocità e delle falcate dei cavalli
sull’anello di tufo risiede in quel desiderio umano, quindi antropologico, che
è poi diventato realtà: filmare l’azione, la velocità e fermarla su un supporto
per sempre, per poterla rivivere continuamente di generazione in generazione.
Ed è questo che ha condotto, in alcuni casi, positivamente all’unione di Palio
e multimedialità. Ma quello che ha interessato il cinema successivo, e non
quello delle origini, è la rappresentazione del Palio nel suo “rito”, che non è
soltanto una corsa di cavalli, ma un “giuoco” serio che, nel conflitto tra le
Contrade, ritrova la vera essenza dell’orgoglio cittadino, dell’appartenenza e
quindi di un’identità immutabile e sempre nuova. Nel prossimo intervento ci
occuperemo di Palio (1932) del regista Alessandro Blasetti.
Articolo tratto dal Notiziario del Forumme del 26 Aprile 2020 dedicato alla Contrada di Valdimontone
Palio
di Alessandro
Blasetti (1932)
Come avevamo accennato nello scorso numero, stavolta ci
occuperemo del film di Alessandro Blasetti, “Palio” (1932). Avevamo fatto cenno
anche di come il Palio, nel passaggio di secolo, si sia “adattato” ai nuovi
media: prima la radio, poi il cinema e, per finire, la televisione. Ci eravamo
focalizzati, inoltre, su di un aspetto molto interessante, del quale gli amanti
del cinema non dovranno mai scordarsi: il sogno “eterno” di fissare per sempre
un’azione, perpetuarla nel tempo e soprattutto custodirla. Un impegno non da
poco per quanto riguarda, in maniera particolare, il repertorio e l’archivio
multimediale della Festa arricchito dall’avvento dei nuovi mezzi di
comunicazione che hanno iniziato a cambiarci la vita. D’altra parte viviamo in
quell’epoca, fortunata o meno, non sta a noi sentenziare questo, che Walter
Benjamin aveva definito, nel 1936, “della sua riproducibilità tecnica”.
Del film di Blasetti, “Palio”, conosciamo molto bene la trama e non è questa la
sede per rammentarla ai lettori e a coloro che, per un motivo o per l’altro,
non hanno ancora visto la pellicola (chi ama il cinema, di conseguenza conosce
le sue regole: mai fare “spolier”!). E non sarà nostro compito o intenzione,
qui, farne un’analisi filmica più precisa. Per questo, dopo la visione del
film, invitiamo i lettori interessati ad approfondire il tema attraverso due
importanti saggi scritti dalla studiosa Paola Micheli: “Un Palio per il
cinematografo”, Il Leccio, Siena, 1997; “Il cinema di Blasetti, parlò così.
Un’analisi linguistica dei film (1929-1942)”, Bulzoni Editore, Roma, 1990.
Nella storia del cinema, e qui intendiamo la finzione cinematografica, il Palio
è stato dapprima protagonista assoluto, per poi divenire, in alcuni casi,
“comparsa episodica” (oggi gli studiosi la definiscono “cinematografia di
promozione turistica”). Una “comparsa” importante, intendiamoci, ma che con la
trama principale ha poco collegamento, se andiamo a ridurre il film all’osso.
Ci scusiamo per il gioco di parole, ma “Palio” è un
film sul Palio, a differenza, per citarne uno, di “Quantum of Solace” (2008) di
Marc Forster, per i motivi sopra citati. Il film del regista italiano,
Blasetti, ha avuto l’onore di “nascere” dal soggetto di un senese noto al mondo
dello spettacolo come Luigi Bonelli. È il ritratto di una Siena in bianco e
nero, che dà vita a una sorta di “realismo” della finzione e, nel contempo, ci mostra
una città che non c’è più, almeno sotto alcuni aspetti (interessante, per
esempio, è la sequenza che riguarda i lampioni che, al tempo, circondavano,
insieme ai colonnini, Piazza del Campo). “Fiction” e “realtà” hanno uno strano
rapporto con lo spettatore e riguardo questo sarebbe interessante confrontarci,
ma non è questo il luogo, con gli studi condotti da Siegfried Kracauer. Gran
parte delle sequenze di “Palio” furono girate in interni e la recitazione degli
attori è più teatrale e poco cinematografica. Le sue origini si specchiano in
quella tradizione del teatro italiano di stampo ottocentesco, e in questo caso
ha dei “ritagli” anche comici, fornendo allo spettatore delle divertenti
“gags”. Ma siamo nel 1932,
in pieno Ventennio, e quello che vediamo nelle sequenze
ci riporta alla mente qualche documentario o filmato dell’Istituto Luce sulla
Festa che, particolarmente, era interessato e focalizzato a evidenziare
l’importanza delle monture, delle bandiere, dei vessilli e delle gualdrappe. Un
racconto “romantico” del Corteo Storico che mette in risalto gli alfieri, le
chiarine, che intonano la Marcia del Palio, il Carroccio, quello del tempo, i
fantini, i cavalli e altre componenti che marcano con insistenza la natura
“antica” della tradizione senese.
Poi, verso la fine del film, dopo una lunga
attesa, entrano i cavalli in Piazza, disputano una Carriera interminabile (5
giri), e viene azzardata anche una ripresa con “camera-car” in un breve
segmento della Corsa. Altre inquadrature, invece, avvengono dalla Torre del
Mangia. Un fatto curioso è che alcune riprese del Corteo Storico furono
realizzate il 15 di agosto del 1931, prima della Prova Generale. Ciò che, per
certi versi, accomuna la “fiction” di questo film a “La ragazza del Palio”
(1957) di Luigi Zampa è proprio la sequenza della Carriera. Zampa, però, al
contrario di Blasetti, ha fatto un uso eccessivo del “found footage” mischiando
filmati di diversi Palii, prove e immagini relative alle batterie della Tratta.
Ciò che fortemente ha caratterizzato la pellicola, prodotta dalla Cines, è la
sua attenzione “linguistica” nei confronti dell’italiano e del dialetto
“toscano”. La sequenza di apertura presenta delle didascalie, tipiche di un
cinema muto, che non esiste ormai più, che servono tuttavia ad enfatizzare
l’aspetto dell’”antico”, di un immaginario “medievale” o “rinascimentale”,
comune allo spettatore. Oggetto di polemica fu invece il “parlato” degli attori
che dialogavano fra loro non in senese ma in fiorentino: un errore
imperdonabile.
Lorenzo
Gonnelli
Articolo tratto dal Notiziario del Forumme dell' 11 Maggio 2020 dedicato alla Nobile Contrada dell'Oca
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