sabato 6 luglio 2024

"Bentornata, vecchia Amica!"


La sensazione, è stata la stessa che si prova nel rivedere un amico di vecchia data. Il protagonista della nostra infanzia, il compagno di banco, quello che non era un fratello solo per il sangue diverso. È stato come rivedersi dopo tanti anni e capire che non era cambiato niente. Per i Brucaioli, l’incontro con la fantomatica bandiera del ‘700  arrivata direttamente dal Metropolitan Museum di New York, è stato questo: riabbracciare una vecchia amica, che non si vedeva da tempo. In realtà, non l’avevamo mai vista! Sapevamo solo che portava i nostri colori, che sicuramente era nata in qualche angolo delle nostre strade e che, per qualche motivo, era finita nella collezione di tale duca Dino Charles Maurice Camille de Talleryrand-Périgord. Non sappiamo come ci sia arrivata, ma uno con un nome così, sicuramente sarà stato un buongustaio in fatto di pezzi unici. Unici, sì. Perché oggi, quando vediamo sfilare le bandiere delle consorelle sulle lastre del centro storico, ci sembrano tutte uguali. Con quei colori mossi dal vento, confusi dal rullo di un tamburo… Eppure, ogni bandiera ha la sua storia: le mani che l’hanno sfiorata, le dita sapienti che l’anno cucita e l’animo nobile di chi si è finita gli occhi per rammendarla. Questa, la bandiera del Bruco arrivata dall’America, ha una storia più… movimentata delle altre. Chissà quante cose avrebbe da raccontare…


Ovvìa, allora siete duri! Ma lo volete capi’ che la luce mi dà noia? Mi fate smunge tutti i colori, alla fine mi stingo e ‘un mi si riconosce più! Già m’hanno chiamato in tutte le maniere, alla fine si so’ dimenticati anche chi ero e da dove venivo. Io ve lo dico, ci so’ dei gazzillori a giro… roba da chiodi!

Ora mi dovete spiega’ come si fa a dimenti’assi del mi’ Bruchino. Ohiohi, cambiamo discorso via, mi ci vengano i lucci’oni. So’ passati trecent’anni e ancora mi sembra di senti’ l’vento canta’ in via del Comune, co’l profumo delle lastre impolverite e il chiacchiericcio, alla sera, prima di dormi’. Madonna ‘ome ci si stava bene, lì nel mi’ Bruchino.

Via, via! ‘Un ci voglio più pensa’, mi ci viene da piange’! C’ho quasi sperato eh, quando questi american boys mi so’ venuti a prende. Cheddì in quel troiaio di roba che teneva l’Duca in cantina! Ma ve’rai, uno che si chiama a quella maniera… Ori, gioielli, armature… Mi’a l’aveva capito che ero io, la bandiera del Bruco, quella più preziosa di tutte.

Nemmeno questi del museo c’avevano ‘apito parecchio, eh! Tutti a di’ “aaah, gudde, gudde, biutiful” e poi m’hanno zeppato nelle retrovie. Io ve lo ripeto: il mondo è pieno di gazzillori!

Ora, per esempio, dopo avemmi rotto le scatole e tirata fòri dal mi’ pertugio, m’hanno stiacciata dentro a un vetro e sgaribaldata su un aereo. Oh disgraziati! Io c’ho una certa eh!

Madonnina santa e benedetta, o dove mi porteranno? E se hanno deciso di buttammi via? Ora, vorrebbe di’ che gli è dato di balta l’capo eh… Però ecco, inizio ad ave’ qualche annetto. M’hanno sempre tenuta nascosta: tenuta bene, eh, per carità. Ma forse, lontano dalla mi’ Siena e dal mi’ Bruchino, io so’ solo una bandiera come quell’altre. Forse, passate quelle mura, è difficile capire l’amore che esiste tra le mi’ cuciture, l’emozione che il mi’ fruscìo fa nascere nel cuore di quelli di ‘asa mia…

In fondo, la fine arriva per tutti. Anche per una bandiera preziosa, fatta d’amore e di passione, anche per chi ha girato l’mondo come me, ma ‘un s’è mai dimenti’ata di casa sua.

M’hanno sballonzolato da tutte le parti, ‘un so’ stata bona a capicci niente! Poi m’hanno messo l’muso sotto un panno e arrivederci.

Ohiohi… o che succede? Che è ‘sto casino? Mi sembra d’avello bell’e sentito ma ‘un capisco, tutte queste voci, queste risate…

E l’mondo si fa luminoso. ‘Un c’ero mai stata, so’ cambiate un monte di ‘ose. Loro ‘un l’hanno visto, ma mi so’ messa a lacrima’ come uno scampolo appena nato. Il mi’ Bruchino, m’hanno ritrovata!

Oh Bruchino, Bruchino mio, quanto ho patito lontana da qui!

Grazie. Perché ‘un vi siete dimenticati di me, di noi, dell’importanza dei nostri colori, della vita che scorre e che traccia la storia. Grazie, perché siete il Bruco. Nobil Contrada, nell’anima e nel cuore.

Finalmente, sono a casa.

La Bandiera


Arianna Falchi

per la foto della bandiera si ringrazia Lucia Pelosi

Articolo tratto dal Notiziario del Forumme del 4 Luglio 2020 dedicato alla Nobil Contrada del Bruco


martedì 2 luglio 2024

Settant’anni fa il Palio in televisione: breve storia di un evento antitelevisivo per antonomasia


Ottanta anni fa Siena veniva liberata dal nazifascismo, esattamente il 3 luglio. Il primo Palio dell’anno quindi è dedicato, oltreché alla Madonna di Provenzano, a questa importantissima ricorrenza. Una ricorrenza che non poteva passare inosservata. Anche nel 2014 si celebrò la Liberazione della città e vi furono anche dei riferimenti pittorici nel drappellone dell’artista Rosalba Parrini, poi vinto dalla Contrada del Drago.

Un ricordo assai importante per Siena, quello della fine di una guerra catastrofica che mise in ginocchio il mondo intero e dilaniò in particolar modo l’Europa e l’Italia. Uomini, donne e bambini accolsero con gioia gli alleati che vennero accolti anche dallo sventolio di bandiere.

Tuttavia, questa ben più importante celebrazione si incrocia sempre, per motivi di datazione, con un altro memorabile evento: i settant’anni della televisione italiana. Sì, perché il 2 luglio 1954 la neonata RAI giunse con i suoi primi mezzi di fortuna a Siena per organizzare una ripresa in diretta europea del Palio, vinto poi da Vittorino su Gaudenzia per i colori della Contrada Capitana dell’Onda.

telecamere in azione

Una giornata particolare che risuonò nei televisori di diversi spettatori europei con grande entusiasmo, anche perché si trattava di una rivoluzione nel campo delle telecomunicazioni; infatti, fu una tra le prime trasmissioni fuori dagli studi televisivi, dato che era nata soltanto da qualche mese. Le prime dirette erano così complesse, anche per la loro natura sperimentale, che si doveva ricorrere all’uso dei ponti radio dell’esercito per trasmettere il segnale fino agli studi di Roma e furono impegnati tantissimi tecnici. A prestare la voce per la compagine italiana fu il celebre Silvio Gigli, già radiocronista del Palio per l’EIAR fin dagli anni Trenta. Altri telecronisti stranieri si adoperarono per raccontare le diverse fasi della Carriera nella loro lingua madre, ma il segnale, al contrario di quanto si raccontava sui giornali, giunse non più lontano dei confini svizzeri. Infatti, i titoloni dei quotidiani che nei mesi precedenti vantavano: “Tutta Europa vedrà il Palio seduta in poltrona”, nei giorni vicini alla festa parlavano di “Mezza Europa”. Nonostante questo grande entusiasmo, suscitato anche da Gigli che scrisse articoli commuoventi, nell’intento di celebrare e sottolineare l’importanza di questo passaggio del Palio dalla sola voce della radiofonia alla presenza di immagini in movimento del piccolo schermo, pochi furono i senesi a ricordarlo. Evento eccezionale di cui si ricordano soltanto coloro che possedevano un televisore: in Italia gli abbonati erano 88.118 (F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Marsilio Editori, Venezia 2019).

Silvio Gigli

Tuttavia, quel grande esperimento riuscì, e il Palio “di Siena” divenne, da quel momento, un evento anche “d’Europa”, specchio e anima di antiche vestigia.

Purtroppo di queste immagini abbiamo solo qualche fotografia, la diretta non era possibile registrarla, perché la tecnologia adatta per queste intenzioni arrivò più tardi, nel 1957, con la registrazione video magnetica RVM elaborata dall’AMPEX.

Da quel 1954 il Palio tornò in televisione in rare occasioni e senza un senso di continuità. Questa serialità televisiva si conquistò più tardi con le dirette RAI di Paolo Bellucci e successivamente di Gianfranco Pancani. Eccezionalmente Emilio Fede raccontò la Carriera del 16 agosto 1966, celebre perché non andò in diretta per intero, visti gli eventi che, per una serie rocambolesca di situazioni, rimandarono la corsa al giorno seguente. La televisione non programmò una diretta per seguire la conclusione di un Palio dalla “vigilia turbolenta”, usando le parole di Fede che, rammaricato, comprese piuttosto bene le dinamiche. Inizia qui la comprensione da parte della televisione di Stato che il Palio non è il calcio, non è il festival di Sanremo; non si lascia inghiottire dalle logiche pubblicitarie discostandosene anni luce. A comprenderlo per primo, Paolo Frajese, che dette alle sue trasmissioni da Piazza del Campo un taglio antropologico, significativo, essenziale per raccontare una festa locale, cittadina, al resto d’Italia a reti unificate e focalizzate su di un evento, antitelevisivo per eccellenza. Dalle telecronache di Frajese nacque anche il documentario “Per forza e per amore” realizzato dal giornalista romano, che sposò una contradaiola e si innamorò anche della città, oltreché del suo Palio. Le sue telecronache trasudavano di amore per la festa, che raccontò dal 1974 al 1993 e studiò nel dettaglio, opponendosi alla logica del palinsesto, chiedendo “tempi supplementari” agli studi di Roma che, per la lunghezza della “mossa” tenevano in sospeso il Telegiornale nazionale. Ecco che il Palio piega il mezzo televisivo a suo piacimento, proprio per la sua natura, come già detto, antitelevisiva. L’essenza antropologica delle sue telecronache venne apprezzata e mantenuta da Emilio Ravel, altro grande cronista del Palio per la RAI che, con Maurizio Bianchini e Susanna Petruni, prima voce femminile della festa, raccontò, dal 1994, con grande sentimento e passione, dando la parola ai protagonisti con interminabili interventi e servizi RVM, dal taglio documentaristico, che preparavano lo spettatore “ignorante” a conoscere il Palio prima di quella “corsa matta” di tre giri col fiato sospeso. Ravel e Bianchini hanno regalato servizi che nella storia televisiva non rivedremo più, a causa della mutata logica mediatica e dello spettatore annoiato e poco attento che esige messaggi rapidi perché vive un’esistenza dettata dal consumismo.

 
Paolo Frajese

La coppia Ravel-Bianchini


Nel 2019 siamo arrivati all’alba di una pandemia che ha impedito, come nei conflitti mondiali, lo svolgimento naturale del Palio. Con l’ultima Carriera di quell’anno si è concluso anche il rapporto con “mamma RAI” che aveva trasmesso quasi ininterrottamente per settant’anni un evento straordinario come il Palio: sua esclusiva mondiale, visti i nuovi mezzi che, grazie alle nuove tecnologie, arrivava ben oltre la Svizzera del 1954. Una storia che non ha visto un suo proseguimento e che ha ceduto le redini di questo bellissimo ed entusiasmante racconto antropologico a La7 di Urbano Cairo. Già nel 1994 e nel 1995 la festa senese sbalzò, come in una partita di ping-pong, dalle reti Mediaset, RAI e Telemontecarlo. Qui si ricorda l’eccezionale trasmissione di Canale 5 che dedicò l’intero arco del palinsesto della giornata allo scandire delle fasi paliesche, con le voci di Fabrizio Summonte, Giorgio Medail, Cristina Parodi ed Enrico Mentana.

Dal luglio 2022, con La7, è nata quindi una storia diversa, ancora da scrivere, che ha senza dubbio colto l’importanza dell’evento, narrandolo con il suo taglio editoriale, tutto nuovo rispetto alla precedente rete, anticipando con piccoli interventi, quali interviste e documentari, in attesa del giorno fatidico, facendo sicuramente riferimento all’insegnamento di grandi cronisti che li avevano preceduti. Lo share ha avuto un buon incremento, infatti, sono arrivati i complimenti ai nuovi cronisti, Pardo e Mazzini, e alla trasmissione, da parte di un importantissimo storico dei media, come Aldo Grasso, sulle pagine del Corriere della Sera subito dopo la Carriera del luglio 2023.

Lorenzo Gonnelli

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