mercoledì 24 gennaio 2024

Maria Pia, il senso dell'appartenenza


Quando tentiamo di spiegare a qualche conoscente non senese cosa significhi realmente l’appartenenza contradaiola troviamo difficoltà nell’esprimere un concetto che per noi è così fortemente radicato e significativo, parte integrante del nostro modo di essere e di agire, ma che per chi non ha avuto la fortuna di nascere a Siena (o averci comunque un forte legame) è un qualcosa di completamente estraneo ed astratto.

E’ come tentare di spiegare l’amore a chi l’amore non l’ha mai provato: possiamo parlare di farfalle nello stomaco, di sensazioni e figure poetiche, ma il senso profondo l’altra persona non potrà mai assorbirlo fino in fondo fino a quando l’amore non lo proverà sulla sua pelle.

Maria Pia nella sua vita ha sintetizzato col suo modo di essere il significato dell’appartenenza contradaiola, o meglio di come questa con la sua portata riesca a entrarti nelle vene pur non vivendola direttamente e quotidianamente, pur vivendo la propria vita a 200km di distanza e pur non avendo mai frequentato in maniera attiva la Contrada.

Maria Pia non ha mai vissuto a Siena, è nata nel 1956 e all’epoca i suoi genitori, senesi DOC, lei del Nicchio e lui della Tartuca ed entrambi classe 1924, si erano già trasferiti per questioni lavorative in Versilia. I genitori nonostante questo hanno deciso di partorirla a Siena donandole il privilegio di poter avere l’I726 sul codice fiscale e trasmettendole fin dalla nascita tutto l’amore e la passione per la città e per i colori della Tartuca, la Contrada paterna dove la famiglia aveva la casa in Via Castelvecchio.

Maria Pia è cresciuta vivendo a distanza e nutrendosi di questo amore incondizionato, in 67 anni di vita non ha mai mancato una Carriera o una festa Titolare, non ha mai mancato una cena della Prova Generale, non è mai mancata a nessuno dei festeggiamenti per le 9 vittorie che ha avuto il privilegio di vivere. Quando ha potuto ha frequentato la Contrada, partecipando ai cenini e relazionandosi con chi in Contrada ha avuto l’occasione di conoscerla e stringere con lei un legame: sempre con discrezione e modestia, senza mai voler passare avanti a nessuno, consapevole sempre di quello che era il suo posto e senza manie di protagonismo.

Lontano da Siena ha coltivato questo suo senso di appartenenza trasmettendolo agli amici di una vita e ai propri figli, educandoli alla Contrada e ai suoi valori fin dalla loro nascita. A scuola, dove insegnava, tutti ormai conoscevano questa sua caratteristica al punto che gli studenti, quando volevano evitare una interrogazione, provavano a chiederle di raccontare qualcosa su Siena e sul Palio sapendo che lei a quel punto si sarebbe persa nell’ardore di quella sua passione: lei conosceva il trucco ma a volte ugualmente fingeva di caderci perché il desiderio di poter raccontarsi in quella veste superava qualsiasi altra cosa.

Il suo amore era viscerale, parte integrante del suo essere, inutile dire che casa sua era un santuario di tartarughe e riferimenti a Siena, che il suo abbigliamento era sempre in tonalità d’oro e d’azzurro e che i suoi occhi splendevano quando poteva raccontare cos’era Siena e il Palio.

Un modo di essere e di vivere il suo essere contradaiola che i senesi conoscono e capiscono bene e che accumuna tutti quanti, ma che di certo non è così scontato in una donna che quel senso di Contrada e di comunione ha potuto viverlo ed esprimerlo relativamente poco a causa della distanza a cui era costretta; una vita vissuta lontano ma sempre con quei due colori ad accompagnarla, una vita che fa riflettere su quanto sia forte e profondo il senso di appartenenza che solo a Siena una Contrada riesce a trasmettere ai suoi figli, vicini e lontani.

Maria Pia se n’è andata il 24 Novembre dopo un anno difficile, sofferto: dal 21 Agosto non è più tornata a casa passando gli ultimi 3 mesi in ospedale ma nonostante tutte le difficoltà che stava affrontando i giorni del Palio li ha voluti passare a Siena e il 15 sera come sempre era a cena in Sant’Agostino, il suo luogo del cuore, l’unico dove si sentiva a casa.

Il suo desiderio era di essere riportata a Siena, e così è stato, è stata portata al Laterino e ad accompagnarla nel suo ultimo viaggio c’erano Don Floriano, una bandiera della Tartuca e l’inno della Contrada. Con sè, nel suo ultimo letto, ha portato il fazzoletto della Tartuca, lo stesso fazzoletto che ha stretto a sè in questi ultimi mesi di ospedale, la madonnina del Voto e due braccialetti, uno con perle gialle e turchine, e l’altro con sopra una tartaruga. Una tartaruga impressa anche sulla pelle oltre che nel cuore nell’unico tatuaggio che avesse mai desiderato farsi.

Ciao Maria Pia, ciao madre, grazie per essere stata la persona meravigliosa che eri e grazie per averci trasmesso anche questo senso profondo di appartenenza, senso di cui a tuo modo sei stata simbolo per tutta la vita.


Simone e Elena Pasquini

Articolo pubblicato sul numero di Dicembre2023 di Murella Cronache

sabato 6 gennaio 2024

White Christmas

Poco prima del Natale del 1942 fu messo in vendita White Christmas, un disco destinato a diventare il singolo più venduto di tutti i tempi, o perlomeno rimarrà tale fino al 1997, quando verrà spiazzato da Candle in the Wind. Un anno prima, il 7 dicembre del 1941, il Giappone aveva attaccato le installazioni militari statunitensi di Pearl Harbor e gli Stati Uniti erano entrati in guerra; pertanto, il Natale del 1942 sarebbe stato il secondo con milioni di ragazzi americani all’estero per la prima volta nella loro vita, lontani dalle loro case e dalle loro famiglie. I soldati americani al fronte sentirono subito White Christmas come il canto che sapeva esprimere i loro buoni sentimenti, la nostalgia per le loro vite interrotte e per i loro riti sospesi. L’autore della canzone, Irving Berlin, ebreo russo emigrato negli States a fine Ottocento, seppe comporre un inno al Natale senza riferimenti cristiani, ma incredibilmente evocativo di tutti i sentimenti che si accompagnano a questa Festa. La canzone faceva parte della colonna sonora del film Holiday Inn con Fred Astaire e Bing Crosby, che seppe interpretare magicamente con la sua morbida voce questa canzone natalizia rendendola un successo senza precedenti. White Christmas seppe consolare gli americani in quel Natale del ’42, ma soprattutto seppe esprimere la retorica statunitense trasfigurando il Natale nell’immaginario di tutti i popoli che dopo la guerra sono entrati in contatto con la cultura statunitense. Dopo White Christmas il Natale di Hollywood diventerà il Natale globale – occidentale. Questo fenomeno di globalizzazione culturale è stato portato avanti da cinema, musica e pubblicità dei prodotti americani. La Coca Cola ha contribuito alla creazione del “Natale Americano” vestendolo con i suoi colori bianco e rosso e riproponendo negli spot più riusciti le note di White Christmas.


In Italia questa visione del Natale arrivò dopo la guerra. Da noi la percezione della Festa era legata alla ritualità cristiana, soprattutto francescana. Fu, infatti, San Francesco ad “inventare” il Natale come lo abbiamo vissuto e percepito, finché il consumismo non ci ha sedotto definitivamente. La canzone di Natale più amata dagli italiani è sempre stata “Tu scendi dalle stelle”, composta da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. La Festa era prevalentemente cristiana, completamente scevra dalla nevrosi consumistica, i regali non esistevano, finite le feste la befana riempiva la calza ai più piccoli ed era facile trovarci noci, mandarini e carta di giornale appallottolata insieme alle caramelle.

Nel secondo dopoguerra hanno coabitato nelle nostre case il Natale cristiano e quello sincretista-consumista, il primo rappresentato dal presepe, il secondo dall’albero, il primo con canti religiosi, il secondo con canti laici. Entrambi belli fino allo struggimento sentimentale.

Alla Messa ci si andava perché ci si credeva davvero, quella della Notte di Natale era una celebrazione diversa da quella delle domeniche ordinarie, perché alla Messa ci si andava tutte le domeniche che Dio metteva in terra. Poi, con il tempo, con il disincanto, con la perdita del senso religioso, con il ’68 e la contestazione, dopo il Concilio Vaticano secondo, moltissimi hanno continuato a frequentare la Messa soltanto la notte di Natale per tradizione (qualcuno si è avventurato anche a quella di Pasqua), senza sapere che la Messa (anche quella di Natale) è la commemorazione della Pasqua. Infine, negli ultimi anni, alla Messa ci andavano soltanto i pochi che ancora la frequentano durante tutto l’anno. Quest’anno, invece, è presa la fregola a tanti di volerci ritornare per forza. Mica per l’Eucarestia, per carità, per quella sono necessari alcuni presupposti che mancano totalmente in persone che vorrebbero vivere un Sacramento per sottolineare un’ideologia pseudo politica.

Per concludere questa mia inutile polemica natalizia, che ben si inserisce nelle migliori tradizioni del pranzo di Natale, quando c’è sempre un parente che, dopo aver ecceduto con il vino, si abbandona a sterili polemiche sui più svariati argomenti, me la voglio prendere con lo shopping compulsivo natalizio. Ben venga il flusso di denaro, o di moneta elettronica, ben vengano gli acquisti esagerati, io per primo adoro il superfluo e voglio che l’economia possa riprendere. Sono il primo che adora il denaro e tutto quello che con il denaro mi illudo di poter comprare. Ma il rito dello shopping deve essere accompagnato da un sottofondo di musica da intrattenimento, note e parole che facciano parte del music-business internazionale, come White Christmas ci ha insegnato. Se dagli altoparlanti vengono diffusi gli orgasmi di un film porno, come è successo nei giorni passati a Vieste, o peggio ancora dovessero essere diffusi inni sacri, voi mi capite, non si rende il giusto servizio al demone consumista, gli inni sacri non fanno assolutamente parte della ricetta del frullato natalizio. Allo stesso modo si addobbino le strade e le vetrine con i colori istituzionali della festa commerciale, senza andare a cercare simboli che non appartengono al Natale. Le cose sacre si lascino alle occasioni adeguate. E chi non lo capisce è lo stesso, che prima di Pasqua, confonde una parte anatomica con il rito religioso delle quarant’ore.

di Jacopo Bartolini

ARTICOLO TRATTO DAL NOTIZIARIO DEL FORUMME DEL 25 DICEMBRE 2020


La Fontanina della Contrada della Chiocciola

  “Le sensazioni sono i dettagli che compongono la storia della nostra vita.” (O.Wilde) La storia è custode della memoria di un territorio...