sabato 6 gennaio 2024

White Christmas

Poco prima del Natale del 1942 fu messo in vendita White Christmas, un disco destinato a diventare il singolo più venduto di tutti i tempi, o perlomeno rimarrà tale fino al 1997, quando verrà spiazzato da Candle in the Wind. Un anno prima, il 7 dicembre del 1941, il Giappone aveva attaccato le installazioni militari statunitensi di Pearl Harbor e gli Stati Uniti erano entrati in guerra; pertanto, il Natale del 1942 sarebbe stato il secondo con milioni di ragazzi americani all’estero per la prima volta nella loro vita, lontani dalle loro case e dalle loro famiglie. I soldati americani al fronte sentirono subito White Christmas come il canto che sapeva esprimere i loro buoni sentimenti, la nostalgia per le loro vite interrotte e per i loro riti sospesi. L’autore della canzone, Irving Berlin, ebreo russo emigrato negli States a fine Ottocento, seppe comporre un inno al Natale senza riferimenti cristiani, ma incredibilmente evocativo di tutti i sentimenti che si accompagnano a questa Festa. La canzone faceva parte della colonna sonora del film Holiday Inn con Fred Astaire e Bing Crosby, che seppe interpretare magicamente con la sua morbida voce questa canzone natalizia rendendola un successo senza precedenti. White Christmas seppe consolare gli americani in quel Natale del ’42, ma soprattutto seppe esprimere la retorica statunitense trasfigurando il Natale nell’immaginario di tutti i popoli che dopo la guerra sono entrati in contatto con la cultura statunitense. Dopo White Christmas il Natale di Hollywood diventerà il Natale globale – occidentale. Questo fenomeno di globalizzazione culturale è stato portato avanti da cinema, musica e pubblicità dei prodotti americani. La Coca Cola ha contribuito alla creazione del “Natale Americano” vestendolo con i suoi colori bianco e rosso e riproponendo negli spot più riusciti le note di White Christmas.


In Italia questa visione del Natale arrivò dopo la guerra. Da noi la percezione della Festa era legata alla ritualità cristiana, soprattutto francescana. Fu, infatti, San Francesco ad “inventare” il Natale come lo abbiamo vissuto e percepito, finché il consumismo non ci ha sedotto definitivamente. La canzone di Natale più amata dagli italiani è sempre stata “Tu scendi dalle stelle”, composta da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. La Festa era prevalentemente cristiana, completamente scevra dalla nevrosi consumistica, i regali non esistevano, finite le feste la befana riempiva la calza ai più piccoli ed era facile trovarci noci, mandarini e carta di giornale appallottolata insieme alle caramelle.

Nel secondo dopoguerra hanno coabitato nelle nostre case il Natale cristiano e quello sincretista-consumista, il primo rappresentato dal presepe, il secondo dall’albero, il primo con canti religiosi, il secondo con canti laici. Entrambi belli fino allo struggimento sentimentale.

Alla Messa ci si andava perché ci si credeva davvero, quella della Notte di Natale era una celebrazione diversa da quella delle domeniche ordinarie, perché alla Messa ci si andava tutte le domeniche che Dio metteva in terra. Poi, con il tempo, con il disincanto, con la perdita del senso religioso, con il ’68 e la contestazione, dopo il Concilio Vaticano secondo, moltissimi hanno continuato a frequentare la Messa soltanto la notte di Natale per tradizione (qualcuno si è avventurato anche a quella di Pasqua), senza sapere che la Messa (anche quella di Natale) è la commemorazione della Pasqua. Infine, negli ultimi anni, alla Messa ci andavano soltanto i pochi che ancora la frequentano durante tutto l’anno. Quest’anno, invece, è presa la fregola a tanti di volerci ritornare per forza. Mica per l’Eucarestia, per carità, per quella sono necessari alcuni presupposti che mancano totalmente in persone che vorrebbero vivere un Sacramento per sottolineare un’ideologia pseudo politica.

Per concludere questa mia inutile polemica natalizia, che ben si inserisce nelle migliori tradizioni del pranzo di Natale, quando c’è sempre un parente che, dopo aver ecceduto con il vino, si abbandona a sterili polemiche sui più svariati argomenti, me la voglio prendere con lo shopping compulsivo natalizio. Ben venga il flusso di denaro, o di moneta elettronica, ben vengano gli acquisti esagerati, io per primo adoro il superfluo e voglio che l’economia possa riprendere. Sono il primo che adora il denaro e tutto quello che con il denaro mi illudo di poter comprare. Ma il rito dello shopping deve essere accompagnato da un sottofondo di musica da intrattenimento, note e parole che facciano parte del music-business internazionale, come White Christmas ci ha insegnato. Se dagli altoparlanti vengono diffusi gli orgasmi di un film porno, come è successo nei giorni passati a Vieste, o peggio ancora dovessero essere diffusi inni sacri, voi mi capite, non si rende il giusto servizio al demone consumista, gli inni sacri non fanno assolutamente parte della ricetta del frullato natalizio. Allo stesso modo si addobbino le strade e le vetrine con i colori istituzionali della festa commerciale, senza andare a cercare simboli che non appartengono al Natale. Le cose sacre si lascino alle occasioni adeguate. E chi non lo capisce è lo stesso, che prima di Pasqua, confonde una parte anatomica con il rito religioso delle quarant’ore.

di Jacopo Bartolini

ARTICOLO TRATTO DAL NOTIZIARIO DEL FORUMME DEL 25 DICEMBRE 2020


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