domenica 2 giugno 2024

Le strade della Giraffa: lo specchio della storia di Siena

“Il mio materiale (...) è stato raccolto dagli scritti insignificanti, assolutamente privo di pretese letterarie, e da vecchi soldati (...) ho basato la verità della mia storia su di loro, esaminando i loro racconti e confrontandoli con quello che avevo scritto, e quello che mi hanno detto con ciò che avevo sentito (...) e da tutti questi materiali l'intero tessuto della mia storia - la mia vera storia - è stato tessuto”.

Così scriveva la principessa bizantina Anna Comnena, una delle prime donne conosciute che ha scritto di storia nella storia (e scusate il rigiro di parole).

Nata a Costantinopoli il 2 dicembre 1083, muore, sempre a Costantinopoli nel 1153, ed è figlia dell'imperatore Alessio I Comneno e di Irene Ducaena.

L’ho presa larga, direte, per raccontare la storia del rione e delle strade dell’Imperiale Contrada della Giraffa.

Ma la ricostruzione dei secoli che hanno vissuto questi vicoli ben si adatta a quella visione del raccontare. Su queste strade, in questi vicoli, attraverso i secoli, hanno camminato i personaggi più importanti di Siena, quelli che ne hanno determinato i nodi storici, come le persone più povere, i vagabondi, le prostitute. E ancora mistici e papi e principi e regine.

E poi letterati che ne hanno raccontato la suggestione ("Qualche sera, io escivo e andavo in Piazza di Provenzano: c’era più fresco e vedevo la campagna doventar madreperlacea, dietro le mura della città, (...) Quando m’allontanavo dal murello, i tre lampioni della piazza erano già stati accesi, la facciata della Chiesa era più grigia, la cupola pareva per sparir nel cielo con la sua palla dorata che non luccicava più. Via Lucherini, in salita, era oscurissima: io tornavo a casa toccando uno per volta i colonnini dalla parte del mio marciapiede". Federigo Tozzi, Bestie).



Un rione (e la sua Contrada) esplicitamente ricordati già dallo pseudo Gentile Sermini (con questo nome è stato fino ad oggi conosciuto quello scrittore abbastanza misterioso, del quale si sa poco o niente, che è stato recentemente identificato con l’aristocratico Antonio di Checco Rosso Petrucci) alla fine del ‘400 quando descrive un gioco di pugna. Uno spicchio di città che si porta dietro la memoria del leader ghibellino Provenzano Salvani e della sua famiglia della quale si cercò, nella Siena guelfa, di “ripulire” la storia obliterando lo scomodo passato filo-manfrediano di colui che aveva cercato “di recar tutta Siena alle sue mani”. Salvo poi vedere che Provenzano Salvani Siena non la tradì mai, anzi morì per lei e per difenderla. E qui, i Salvani (estinti nel 1723), avevano i loro principali possedimenti il cui ricordo è rimasto nella toponomastica dell’area: piazza e via Provenzano Salvani ne sono l’esempio. Quindi, strade che vissero la gioia del trionfo di Montaperti, la sconfitta dello stesso Provenzano nella battaglia di Colle Val d’Elsa nel 1269, ed il passaggio dalla Siena ghibellina a quella guelfa.

Dopo essere il centro pulsante della politica, il rione diventa sostanzialmente un quartiere malfamato, fatto di povera gente e prostitute. E anche questo lascia una traccia profonda nell’intitolazione delle strade. La casa di tolleranza di Vicolo della Viola (prima detto vicolo del Buon Costume) e un’altra presente in via di Provenzano vengono chiuse, addirittura, il 1° gennaio 1927 dopo forti proteste dei Giraffini per “ragioni di moralità e di decenza” dato che, specie di notte, provocavano “scene e scenette punto edificanti” (questo articolo, tratto da “La Nazione” del 31 dicembre 1926, mi fu segnalato a suo tempo dall’amico Duccio Nassi, che oggi ci ha lasciato ma che tutti, giraffini e non, ricordiamo con immenso affetto).

Via dei Baroncelli (sono di parte, lo so) ha una storia in itinere. Si credeva che il suo nome (o almeno io stessa l’ho creduto fino ad ora) derivasse dalla Compagnia Laicale di Sant’Anna dei Ciechi e Stroppiati, fondata nel 1624 per accogliere ed effettuare attività di mutua assistenza a poveri ciechi e storpi, maschi e femmine, e che aveva sede sotto le volte della chiesa di Provenzano. L’oratorio della Compagnia, officiato per un certo periodo anche dalla Contrada della Giraffa, si trovava appunto verso la metà di via dei Baroncelli. Pensando ad una strada dove persone con handicap fisici e poveri chiedevano l’elemosina e cercavano aiuto dai confratelli, si è ipotizzato che ciò avesse lasciato traccia nel nome attestato nello stradario del 1789 (prima la strada era detta Costa di Sant’Anna). Ora qualche dubbio viene, perché dal fondo dell’Archivio della Collegiata di Provenzano sono emersi, in questa stessa zona, possedimenti dell’importante famiglia senese dei Baroncelli, benefattrice della chiesa legata alla Vergine dei Miracoli.

Dicevamo quartiere povero e destinato alle case di piacere soprattutto da quando, durante la dominazione spagnola, siamo nel 1548, le truppe occupano, tra gli altri, anche il convento di San Francesco.

Ed eccoci al fatto che segna il completo cambiamento dell’area: la tradizione vuole che proprio un soldataccio spagnolo (poi chissà come andò davvero la storia, ma poco cambia nello sviluppo degli eventi futuri) spari ad un'immagine della Madonna (una delle tante) che si trovava sulla facciata di una delle case del rione. La tradizione vuole che questa immagine fosse una “Pietà”, cioè Maria che teneva in braccio il figlio morto. La tradizione vuole che proprio di fronte alla stessa icona fosse solito fermarsi a pregare Bartolomeo Garosi, conosciuto come Brandano, mistico e profeta che decretò, molti decenni prima che si avverassero i fatti, che tutta Siena si sarebbe recata a pregare in Provenzano e che lì sarebbe stata la salvezza della città.


Di fatto lo sparo ci fu (se alla Madonna di Provenzano si toglie la “veste” d’argento si vede benissimo il foro di proiettile) e coloro che assistettero al fatto si adoperarono per rimettere insieme i pezzi della statuetta in terracotta. Da allora la Vergine (senza il figlio in braccio, anzi, senza braccia, come la vediamo ancora oggi) iniziò a dispensare grazie e iniziò a nascere, intorno a lei un culto ed una devozione tale che si riempirono le strade di pellegrini provenienti da ogni luogo. Di questa “presa” che la Vergine dei Miracoli aveva sul popolo ne sono (intelligentemente) ben consapevoli i Medici, che dopo la caduta di Siena nel 1555 alla fine dell’assedio, sostennero e promossero il culto alla Madonna di Provenzano divenendo i maggiori mecenati nella costruzione del suo Tempio (consacrato nel 1611).

E con la costruzione della chiesa di Santa Maria della Visitazione, eh sì, questa è la dedicazione di Provenzano, le strade della Giraffa riacquistarono nuovo lustro e nuova dignità. Non serve, vero, che vi ricordi che il Palio, il nostro, è nato in suo onore nel 1659?

E fu, proprio per addurre l’acqua che serviva alla fabbrica della Collegiata di Provenzano che venne costruito un fontino, alimentato dall’acqua del bottino di Fonte Gaia. Il fontino venne chiuso nel 1879 insieme al vicolo (e dentro quel vicolo chiuso si trova ciò che resta della facciata della “Casa dei Miracoli” sulla quale era murata l’icona mariana che, sempre la tradizione, vuole che appartenesse ad una discendente di Santa Caterina) anche se la sua acqua, indispensabile al rione, venne dirottata in via delle Vergini, dove, l’anno successivo, venne costruita una nuova fonte, che esiste ancora oggi.

Un'ultima annotazione: la Collegiata di Santa Maria in Provenzano è sì nel territorio dell'Imperiale contrada della Giraffa, ma essendo la Chiesa del Palio è la Chiesa di tutte e diciassette le Consorelle e quindi, come si dice a Siena, “non fa Contrada”.

Ora molto altro potrei scrivere perché, come diceva Anna Comnena dalla quale sono partita: per raccontare gli eventi, bisogna utilizzare tutti i fili, anche i più apparentemente insignificanti, dei quali è intrecciato il complesso tessuto della storia.

E se vi chiedete cosa c’entro io a scrivere della Giraffa vi rispondo che queste strade sono le mie strade. Sono luoghi che amo. Sono le persone che mi hanno accolta, al di là e oltre i colori contradaioli. Sono le strade nelle quali vivo. E, per dirla con Gabriel Garcìa Marquez: l’amore non presuppone monopoli, perché il cuore "ha più stanze di un bordello". Appunto.

Maura Martellucci

Articolo tratto dal Notiziario del Forumme del 7 Giugno 2020 dedicato alla Imperiale Contrada della Giraffa

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