sabato 30 dicembre 2023

La Torre... che Mangia! - Il Panforte d'Agosto

Come diceva da piccino il mi’ nipote Filippo, “la torre che mangia” e non “del Mangia”… e direte voi, ti pareva strano che questi ‘briachi del Forumme non finissero a parlare di mangiare e bere?! Ma non era un notiziario “culturale”?! Diamine, lo è… ma abbiate pazienza cittini, cosa è la cucina se non storia, tradizione e cultura di qualsiasi popolo della terra?!

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Che v’ho chetato?! Bene, seguito! Allora s’incomincia!

Innanzitutto, dobbiamo rendere omaggio al vero ispiratore di questa impresa, senese illustre e compianto, il Pellegrino Artusi del Ponte di Ravacciano, ovvero Giovanni Righi Parenti. Nell’anno in cui il sottoscritto vide la luce, il suddetto dette alle stampe della Tipografia Ugo Periccioli (altro grande senese ma soprattutto selvaiolo) un volumetto chiamato “Mangiare in Contrada”, corredato di foto e illustrazioni, in cui le ricette sono suddivise per ciascuna consorella, raccolte intervistando chi, all’epoca, si occupava di preparare i convivi nelle cucine delle società.

Un vero e proprio manuale che la mi’ Zia mi regalò quando stavo per raggiungere i 18 anni, e già mi dilettavo ai fornelli da qualche anno. Passai quell’invernata (parecchio lunga e diaccina, ma riscaldata dall’impresA storicA della Robur) a provare alcune delle ricette che Righi Parenti aveva trascritto. I risultati furono - diciamo così - alterni, ma non per questo scoraggianti (il mì babbo forse avrebbe qualcosa da obbiettare, ma pace! ormai le pene sono in prescrizione). Anzi, ricordo che fu proprio allora che affinai la tecnica ai fornelli e al forno, cercando di non farmi prendere dalla mia tipica irruenza, né dalla prescia, e di andarci piano coi condimenti (specialmente col pepe nero! il sale, invece, per me è sempre rincarato).

In questa rubrica desideriamo quindi, senza abbandonare lo stile molto discorsivo e colloquiale del nostro sommo ispiratore, riportare alcune di quelle ricette, senza dimenticare qualche trucco personale che ho aggiunto, grazie a qualche ritrovato più moderno o alle semplici “esperienze” (leggi: troiai combinati) nel realizzarle.

Siamo quindi a Natale, e non c’è tavola senese dove non ci sia il Panforte a fine pasto. Tutti i dolci natalizi tendono ad avanzare, ma questo in modo particolare (complici i gusti molto diversi delle nuove generazioni), a meno che non sia quello che fa in casa la mia amica Monica: quello come lo metti in tavola, pare di buttare il granturco in mezzo ai piccioni di Piazza!

Cosa fare quindi del Panforte avanzato? Semplice: un bel Semifreddo!


in questo caso abbiamo servito il Semifreddo di Panforte con del cioccolato fondente grattugiato sopra, che potete aggiungere o meno, a vostro gusto!


Righi Parenti lo chiama “Panforte d’Agosto”, perché dice che va preparato in piena estate (tanto ormai il Panforte lo fanno tutto l’anno per i turisti!), chiaramente servito dopo un passaggio in congelatore di almeno 5 ore. Ma perché non farlo adesso, magari per l’Ultimo dell’Anno o per Befana? E chi ci vieta di farlo a Pasqua o per Santa Caterina?!

Scherzi a parte, prendete il Panforte (piuttosto abbondante) e sminuzzatelo quanto vi piace. Io consiglio di fare alcuni pezzi molto fini e di lasciarne altri più grossolani, per contrasto. Dopodiché, si prende una zangola fredda di congelatore, ci si mette mezzo litro di panna fresca, sempre fredda, e si monta fino a rassodarla bene bene, aggiungendo mezzo cucchiaino di cannella in polvere ed un paio di cucchiai rasi di zucchero, non di più: il Panforte è bell’e dolce di suo! Mescoliamo delicatamente i Pezzettini di Panforte alla Panna (e a questo punto, se volete, qualche mandorla intera, o tritata grossolanamente, male non ci sta!) ed infine incorporiamo, sempre con la massima grazia, sennò si smontano, due albumi freschissimi montati a neve ben ferma, sempre con un cucchiaio di zucchero e un pizzico di sale. A questo punto si può mangiare? No davvero! Il composto va messo in frigo per almeno un pomeriggio, sia in una ciotola unica che “porzionato”, come vi garba di più!

Se veramente volete fare un bel Gelato al Panforte, invece che con lo zucchero, la panna va montata con un tubetto di latte condensato, un trucco di recente scoperta per non far cristallizzare eccessivamente il composto in congelatore. Prima di portarlo a tavola, come ogni gelato casalingo che si rispetti, meglio se lo mettete un quarto d’ora in frigo, sennò è duro come un leccio!

Altro trucco: oltre che al Panforte, il semifreddo/gelato può essere fatto di Ricciarelli, ma regolatevi ancora di più con lo zucchero, o stuccherà davvero troppo. Coi cavallucci no, meglio zupparli nel vin santo (se il mi’ babbo si degna di farli avanzare… sie, addio nini!). In tutti i casi, se avete per casa qualche mandorla, mettetela sopra il semifreddo o il gelato a guarnizione, ci starà a pipa di cocco!

Vino d’accompagnamento: Vin santo del prete (ma non vi fate beccare attaccati alla bottiglia in sagrestia, come successe a me!), oppure un Mirto freddo o un liquore al Cedro che riprende i canditi del Panforte.

Se il Semifreddo è di Ricciarelli, l’Amaretto di Saronno ci sta come il Cencio in Chiesa la sera del Palio! Buon Appetito, Buon Natale, Buona Fine e Miglior Principio! (e mai come quest’anno s’aspetta tutti di finillo!)

Matteo Ricci


ARTICOLO TRATTO DAL NOTIZIARIO DEL FORUMME DEL 25 DICEMBRE 2020




domenica 17 dicembre 2023

Iconografia evangelica senese: l’Annunciazione, la Visitazione, la Natività

Opera di Riccardo Manganelli
Nessun sistema teologico incentrato sulla figura di Gesù di Nazareth può essere elaborato senza produrre una narrazione della sua vita e per converso, nessuna storia di Cristo può evitare di dar luogo ad una qualche forma di teologia.

Il principio di ciò è che il Cristianesimo pone, al centro del proprio sistema di interpretazione del mondo, un personaggio realmente esistito che può essere inserito in un arco temporale ben preciso. Di lui si può dire che nacque tra il 4 a.C. e il 6 dell’era volgare, era di origine galilea, fu predicatore, profeta e annunciatore del “Regno di Dio” nella Palestina del I sec., guadagnandosi un forte consenso popolare; morì crocifisso tra il 30 e il 33, ai tempi in cui Caifa rivestiva la carica di sommo Sacerdote del Tempio e Ponzio Pilato era prefetto della Giudea.

Questi dati sono stati tratti dai vangeli e da altre fonti antiche, ma non sono sufficienti ad inquadrarlo in campo storico.

L’esigenza di comporre dei resoconti relativi alle azioni di Cristo si sviluppò molto presto con la diffusione dei racconti orali, detti aneddoti, aforismi, poi scritti secondo una sequenza, assieme tematica e cronologica.

Si fa riferimento a gli scritti di Luca, che lui stesso definisce “un racconto ordinato”. In realtà la descrizione dei fatti di Gesù spesso si rivela come un’esigenza di raccordare la sua figura con prefazioni bibliche del Messia, invece di descriverne la sua successione, facendo risultare la narrazione lacunosa e delle volte anche contraddittoria.

Andando avanti con il tempo si centra la figura di Gesù collegandolo “all’economia” della salvezza, così si ebbe bisogno di approfondire questa figura e di integrare l’incompletezza dei testi sacri con altre fonti storiche.

Come si legge in un’antico testo di San Nilo di Ancira, indirizzato a Olimpodoro, il Sinaita chiede all’amico di rivolgersi al miglior artista che può trovare, affinché con la sua arte dipinga i “due lati della chiesa con scene dell’antico e nuovo Testamento, cosicché gli uomini che non sanno leggere possano conoscere la Sacra Scrittura, osservando la pittura, e siano incoraggiati ad emulare le memorabili virtù di questi servitori di Dio”.

L’evoluzione iconografica di quelle immagini e i modelli che esse produrranno, diventeranno un vero e proprio repertorio, non solo per i fedeli ma anche per i committenti e soprattutto per gli artisti che li dovranno realizzare.

A Siena il primo ciclo cristologico completo e superstite, si trova negli affreschi realizzati nei locali sotto il Duomo, databili tra il 1270 e il 1280. Altro complesso figurativo che illustra gli episodi evangelici, sempre presente a Siena lo troviamo nella parte posteriore della Maestà di Duccio, commissionata per l’altar maggiore della cattedrale senese e terminata nel 1311; essa costituirà il modello al quale si ispireranno i committenti e gli artisti a partire dagli anni venti del Trecento, quando si dovranno realizzare tavole con il ciclo evangelico di Cristo o anche solo singoli episodi della vita di Gesù.

Con il passare del tempo si è avuto uno sviluppo di alcuni temi cristologici anche presso committenti privati cosicché, accanto a raffigurazioni per decorare edifici religiosi, troviamo anche dipinti per la decorazione di cappelle o di altari presso ricchi privati, questo gia’ alla fine del XIII secolo.

Importante valutazione è che vi è un’importante relazione di queste raffigurazioni con le attività che si svolgono durante l’anno liturgico, il quale inizia proprio con l’Avvento e dunque con le festività del ciclo natalizio, che si concludono con l’Epifania, proseguendo con la Presentazione al Tempio, tutto il tempo della Quaresima fino alla Pasqua.

Questa parte dell’anno prende il nome di Temporale, poiché è dedicato alle festività di Cristo che si conclude con l’ultima domenica dopo la Pentecoste. A questo periodo si integra il periodo cosiddetto Santorale, che vede le festività dei Santi e della Madonna.

Fin dal IV secolo, si hanno delle raffigurazioni che contengono temi come l’Annunciazione, la Natività, la Strage degli Innocenti e l’Adorazione dei Magi, non tanto per la loro “storia”, ma quanto per il messaggio salvifico e dottrinale che contenevano in se.

Le fonti canoniche principali per le illustrazioni della nascita e dell’infanzia di Cristo sono Luca e Matteo , tra i due il primo ci fornisce notizie più’ dettagliate circa questi due momenti della vita di Gesù.

Il primo episodio che ci viene narrato è appunto l’Annunciazione, e anche se tali raffigurazioni traggono origine dal Vangelo di Luca, a partire degli inizi del V secolo il contenuto iconografico di questa scena si arricchisce di particolari narrati nei testi apocrifi, soprattutto da quanto è riferito nel Protovangelo di Giacomo. Questo introduce caratteri originali che attraverso i secoli caratterizzeranno la produzione figurativa di questo soggetto cristologico.

La più antica illustrazione dell’Annunciazione che ci è stata tramandata a Siena, si trova in una miniatura all’interno dell’Ordinario della Cattedre del 1215.

Opera di Adige Bartalozzi

Il 25 Marzo per la commemorazione di quella festività, nella A di Annuntiatio nostri Salvatori, è raffigurata la scena dell’Annunciazione, nella parte inferiore si trova la Madonna con le mani giunte in preghiera, con indosso il maphorion , simbolo della sua verginità, che le copre il capo, dietro il quale è raffigurata un’aureola; di fronte a lei vi è una pianta fiorita, probabilmente simbolo di Vita ma anche di albero della tentazione, mettendo così in relazione Eva e la Madonna, il Peccato Originale e la Redenzione; nell’occhiello superiore appare l’Arcangelo Gabriele, che con le braccia tese verso Maria compie il gesto dell’annuncio.

Questa la prima raffigurazione, che assolve pienamente la funzione di illustrazione del testo biblico ed è l’inizio di una tradizione iconografica destinata ad imporsi nel tempo.

Se guardiamo il primo ciclo di affreschi sotto al Duomo, quello che troviamo è un’iconografia più tradizionale, poiché i due “attori” sono posti sono l’uno davanti all’altra con delle quinte architettoniche, che alludono alla città di Nazareth.

La tavola di Simone Martini, invece propone elementi nuovi. Eseguita nel 1333 per l’altare di sant’Ansano del Duomo, è la parte centrale di un polittico; questo fatto consolida il legame con il programma iconografico della decorazione del transetto della cattedrale senese, e sottolinea ancora di più la relazione di questi oggetti con le cerimonie liturgiche svolte durante l’anno.

Sono presenti anche due figure laterali, sant’Ansano a sinistra e Santa Messina a destra, madrina di battesimo di Ansano, martirizzata a Roma sotto Diocleziano nel IV secolo; una novità è anche il ramo di olivo che torna in mano l’ Arcangelo, e ai gigli posti dentro ad un vaso nella parte centrale, che insieme alle rose sono fiori del Paradiso e simboleggiano vita e in questo caso simboleggiano luce, anche se Bernardo di Chiaravalle nel suoi Commentari questo fiore lo interpreta come simbolo di Cristo, in relazione a tutti i momenti della sua vita, in questo caso nell’Incarnazione.

L’episodio che precede la Natività è la Visitazione, che però sia nell’arte figurativa senese e anche occidentale ha poche varianti, come anche del resto nella tradizione iconografica bizantina.

Essenzialmente esistono due varianti della Visitazione, una in cui Elisabetta e la Madonna si abbracciano e l’altra in cui le due cugine conversano amabilmente con composta nobiltà. Ovviamente la prima versione è quella più realizzata, come possiamo ammirare nell’affresco del Sodoma nell’Oratorio di San Bernardino a Siena; realizzata tra il 1515 e il 1516, raffigura l’emozione che sta per esplodere tra le due donne, sottolineato dal gesto appassionato e drammatico dell’inchino di Elisabetta, emozione contenuta invece in tutti gli altri personaggi che sono alle spalle delle due donne, Giuseppe alle spalle di Maria, Zaccaria alle spalle di Elisabetta e dei giovani, uomini e donne, che assistono al momento.

Proseguendo nella lettura del testo evangelico si arriva alla narrazione della Natività di Cristo.

Trattato molto sinteticamente sia da Matteo che da Luca, ed è proprio la brevità della narrazione che ha consentito alla tradizione iconografica cristiana di arricchire la scena della Natività di particolari che traevano origine sia dai testi apocrifi, sia dalla produzione letteraria strettamente legata alla liturgia, partendo da Bernardo di Chiaravalle, fino ad arrivare alla Legenda Aurea, ove Iacopo da Varazze riprende molte volte il misticismo cistercense di Bernardo.

Così nell’iconografia della rappresentazione della Natività si assiste ad un’arricchimento nelle rappresentazioni, che da semplici raffigurazioni ove vi è un Gesù Bambino in fasce posto dentro ad una mangiatoia, insieme al bue e l’asinello, diventano scene ricche di personaggi e più complesse di struttura. Una svolta importante lo dette il Concilio di Efeso del 431, nel quale la Madonna viene proclamata Theotókos, cioè Madre di Dio, e che porta alla diffusione di una raffigurazione della Natività, in cui la Madonna appare in trono col Bambino, ed è proprio a Siena che avviene ciò. Nel 1215, il miniatore che decorò l’Ordinario della cattedrale ad uso dei canonici, raffigurò, per illustrare la festività del Natale, una Madonna in trono con il Bambino; e come per l’Annunciazione, la miniatura è inserita nella lettera N, che significa  Nocte illa sancta e costituisce l’inizio dell’Ufficio della Natività.

La Vergine è seduta in trono con cuscino e tiene sulle ginocchia Gesù Bambino benedicente, questa è una raffigurazione molto legata alla liturgia, che si ritrova anche negli affreschi dei locali sotto il Duomo di Siena.

Nicola Pisano nel 1267 per il pulpito del Duomo invece, rappresenta una scena molto “complessa” , ovvero insieme alla Natività , mette anche l’Annunciazione , la Visitazione e l’Annuncio ai pastori

I committenti chiesero a Nicola di raffigurare la Natività secondo la tradizione figurativa orientale, mostrando in primo piano il Bagno di Gesù con le sue levatrici. La composizione vede una Madonna posta al centro, distesa su di un cuscino, avvolta nel suo maphorion, e con la testa voltata verso sinistra, come una donna appena uscita dalla sofferenza del parto; questi elementi rendono la Madonna più umana, facendoli perdere quella “maestà” che aveva nelle raffigurazioni più antiche.

Gesù è avvolto in fasce, all’interno di una grotta gli fanno caldo il bue e l’asinello; tutti questi elementi hanno riscontro sia nella letteratura cristiana sia canonica che apocrifa, ed hanno dei significati ben precisi: la grotta è in relazione con il sepolcro che accoglierà Cristo dopo la sua morte, ma anche con l’Ade ove Gesù scenderà dopo la Resurrezione; il bue e l’asinello, in principio rappresentano l’umanità di Dio nato sulla terra.

Come detto sopra, in primo piano vi è il Bagno di Cristo, la cui fonte si trova nel Protovangelo di Giacomo, ma anche nel Vangelo dello pseudo-Matteo ed è rielaborata nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. Questo episodio viene raccontato anche nei vangeli apocrifi, e simboleggia la natura umana di Cristo.

Questa variante si trova spesso nella produzione figurativa senese, anche in epoche diverse, come si vede in un frammento di un’affresco in monocromo, facente parte di un ciclo cristologico scoperto nella Chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano, eseguito da Bartolo di Fredi negli anni sessanta del Trecento.

Qui il bambino è rappresentato una sola volta, nel catino, mentre le levatrici gli fanno il bagno, la mangiatoia è all’interno della grotta vuota, e sono presenti, a destra, i pastori che rappresentano l’Annuncio ai pastori.

Un caso particolare riguardante la raffigurazione della Natività, sta nella tavola che era collocata all’altare di San Vittore nel Duomo di Siena, poiché rientrava nel programma iconografico della decorazione degli altari dei Santi Patroni; da alcune testimonianze sappiamo che all’altare di San Vittore vi era una Natività, segnalata nel 1575 da Monsignor Francesco Bossi, durante la sua Visita Pastorale.

Nel 1591, nell’inventario, troviamo scritto che all’altare di San Vittore vi era una tavola attribuita a Bartolomeo Bulgarini, dipinta tra il 1351 e il 1361.

Questa aveva due pannelli laterali su uno dei quali era rappresentato il santo Titolato a figura intera, e nell’altra la Santa Corona.

Dalla seconda metà del XV secolo alla prima metà del secolo successivo, vi è un cambiamento dato dalla sostituzione della grotta con elementi architettonici classici o rovine di edifici; si vede quindi la Madonna insieme ad un pensieroso San Giuseppe e due angeli, uno dei quali è l’Arcangelo Gabriele, protettore fin dalla nascita di Giovanni Battista, anche lui figura presente da questo momento in poi, nella scena della Natività è che sta a preannunciare l’incontro con Cristo, sul fiume Giordano ed il suo Battesimo.

Concludo questa rassegna “Natalizia” con un’opera tutta senese, realizzata da Domenico Beccafumi, verso il 1522, per l’altare di San Giuseppe, di patronato della Figlia Marsili, che si trova nella chiesa di San Martino a Siena.

Qui i protagonisti sono raccolti nei pressi di un’arco di trionfo; tra bagliori rossastri che si stemperano in un tenue azzurrino dello sfondo, giungono i pastori in fila ordinata e in prima battuta vi sono gli “attori” principali che risaltano per la vivacità dei colori e il calore che emanano le loro gesta, un San Giuseppe, che ricorda molto la figura di San Paolo che proprio Beccafumi aveva realizzato qualche anno prima per la cappella di San Paolo nel Tribunale della Mercanzia a Siena,  rivolto al Bambino, con il suo sguardo attento e protettivo; una Madonna che, con un gesto quasi pauroso, svela il suo frutto, con sguardo amorevole e assorto, che Gesù contraccambia, il suo corpo fanciullesco ama a una luce mistica.

Su tutti, come in un rito magico, incombono quattro angeli seminudi, che formano con le loro braccia un cerchio perfetto, che ci ricorda prima gli angeli di Rosso Fiorentino, e poi la Danza di Henrique Matisse agli inizi del Novecento, al cui centro plana la colomba dello Spirito Santo.

Il modello iconografico che vediamo qui, con la Madonna che scopre Gesù, ricorda alcuni dipinti di Raffaello come la cosiddetta Madonna del velo, anche se qui il Beccafumi, usa un linguaggio figurativo più’ nervoso, raffinato e distaccato.

 

Caterina Manganelli

per le opere raffigurate si ringraziano le famiglie dei rispettivi autori

Opera di Giovanni Terzo Vannucchi

ARTICOLO TRATTO DAL NOTIZIARIO DEL FORUMME DEL 25 DICEMBRE 2020


mercoledì 13 dicembre 2023

Notiziario 2.0 – Il Forumme della Piazza si rinnova

Santa Lucia, una delle feste più amate da tutti i senesi, quale miglior occasione oggi per farvi come Forumme della Piazza un nuovo omaggio?

Ed eccoci allora, dopo una lunga attesa, a presentarvi il nostro nuovo progetto: il Forumme della Piazza si rinnova ed apre un nuovo sito internet sul quale verranno pubblicati tutti i nostri vecchi e nuovi articoli. Un cambio di rotta importante che comporta quindi l’abbandono dei nostri notiziari in formato PDF che ci hanno accompagnato dal primo numero del 26 Aprile 2020 fino all’ultimo, il venticinquesimo, del 1° Aprile 2023.
Un percorso, quello del Notiziario, iniziato nel pieno della pandemia come omaggio alle Contrade orfane delle proprie feste titolari: un percorso per il Forumme iniziato in realtà molto prima con il progetto conferenze nel 2018 all’indomani del Palio Straordinario.

Venticinque edizioni, quasi 300 articoli, un lavoro immenso portato avanti da un gruppo di amici e da una nutrita schiera di collaboratori esterni tra i quali spiccano nomi importanti della cultura senese.

Su questo sito pubblicheremo con cadenza periodica articoli inediti, proseguiremo le rubriche che ci hanno contraddistinto, e allo stesso tempo riproporremo in questa nuova veste gli articoli che al momento sono all’interno dei nostri PDF e che per questo motivo sono di più difficile fruizione.

Sul sito potrete tuttavia facilmente rintracciare i notiziari già pubblicati, potrete scaricarli e riscoprirli e potrete fare una ricerca degli articoli anche tramite le pagine dedicati ai singoli autori.

Al momento vedete l’elenco degli articoli ma non potete ancora aprirli (se non scaricando il relativo PDF), ma ogni qualvolta che un articolo verrà riproposto il collegamento diverrà attivo e la nostra idea è che presto tutto il sito possa essere completamente fruibile.

Presto poi amplieremo il sito con pagine dedicate alle conferenze che abbiamo tenuto in questi anni e con tutto ciò che ci ha visto protagonisti, per avere traccia di un percorso appassionato che ci ha gratificato, ci ha fatto crescere, e che speriamo possa aver donato qualcosa alla comunità senese e contradaiola.

Speriamo che questo nuovo inizio del nostro viaggio insieme sia per voi un gradito omaggio in questa giornata di festa, sempre nel nome di Siena e dei senesi.

A presto con i nostri articoli!




La Fontanina della Contrada della Chiocciola

  “Le sensazioni sono i dettagli che compongono la storia della nostra vita.” (O.Wilde) La storia è custode della memoria di un territorio...