domenica 1 settembre 2024

Scendendo verso te...

Se siamo in centro e dobbiamo recarci nel cuore della Contrada della Lupa una delle vie di accesso privilegiate è Via di Vallerozzi.

Personalmente mi ha sempre incuriosito questo nome e la sua origine. Sembra non esserci un’unica sorgente a cui risalire e spulciando tra le pubblicazioni fatte dalla Contrada della Lupa sul suo territorio sono emerse che:

“Per alcuni si fa riferimento ad una famiglia (i Ruozzi), per altri al rappresentante più titolato (Rozzo o Rozo, indicato in alcuni documenti come “Pellicciario”) di una importante casata, i Rognoni. Per altri ancora, invece, la denominazione presa dall’intera vallata era dovuta al fatto che la zona era abitata da numerose famiglie di aretini che, stante le loro modeste condizioni economiche, erano costrette a vivere in ambienti poveri e malsani (probabilmente grotte) e quindi definiti “rozzi”


Passati i due colonnini che separano l’antica via Francigena (l’attuale Via di Montanini), l’occhio si perde in una fuga di lastricato di pietra serena. Ci si prospetta davanti ai nostri piedi una via decisamene ripida che scende in una picchiata pressoché inarrestabile fino a Porta Ovile. Quante volte ho rischiato di sbucciarmi le ginocchia facendola troppo a corsa, soprattutto quando era appena piovuto.

A metà della strada, sulla sinistra, la fila di case si interrompe e si scorge un arco. Si accede ad una via dove nei giorni di festa vi è il posto per appendervi un'unica bandiera. Quello è il Vicolo del Lavatoio, che prende il nome dalle numerose lavandaie che quotidianamente percorrevano il breve vicolo “in ripida pendenza e con breve gradinata a fettoni” per portare i panni delle famiglie benestanti. Percorrere questo breve vicolo costantemente in penombra porta a quella porzione di Contrada che, ai tempi della Repubblica di Siena, si sarebbe chiamata “Borgo Franco”. Quel nome negli archivi del Comune di Siena dell’immediato dopoguerra appartiene a un vicolo che collega, anch’esso in pendenza, le vie di Stufa Secca e Pian d’Ovile. L’appellativo “Borgofranco” in tempi remoti si riferiva “a tutta la collina che discendeva dalla cerchia muraria che costeggiava l’attuale Stufa Secca verso la parte pianeggiante”. Si trattava quindi di una parte di terreno fuori dalle cinta murarie abitato prevalentemente da pastori che si recavano a Siena per la transumanza stagionale. Data la stagionalità del loro soggiorno erano affrancati dal pagare le tasse cittadine.

Il Vicolo di Borgofranco termina il suo percorso costeggiando il lato sinistro della Fonte Nuova.

Difficile spiegare l’impressione che si prova quando la vista incontra la Fonte, dopo che si è abituata al buio del vicolo del Lavatoio. Ci si vede aprire davanti agli occhi la vista di una costruzione monumentale. Questo forse è il primo aggettivo che viene da pensare e più ti avvicini a Fonte Nuova e più se ne è convinti. Perché l’impressione che si ha della Fonte appena la vedi è la seguente: un solido parallelepipedo di mattoni dai bordi a tratti sbeccati e scoloriti, alleggerito da altrettanti imponenti archi a sesto acuto che aprono a due vasche di acqua limpida. Sembra una sentinella, che con sguardo severo domina la vallata sottostante e si sale sulla Casa del Pittore e si accede all’immenso terrazzo, si ha proprio l’idea di montare la guardia.

A volte mi piace pensare a Lei, la Fonte, come ad una vecchia nonna che ci ascolta e si diletta ad osservare generazioni di persone nascere, crescere e correre nei suoi dintorni. Può sembrare un atteggiamento strano dare del “familiare” ad un luogo a cui alla fine hanno accesso tutti. Per gli abitanti del rione, i suoi contradaioli (me compresa) Fontenuova è casa: il suo pratino, la piazza ai suoi piedi sono come il salotto dove mettersi a parlare con le amiche di una vita, riunirsi a cena, festeggiare avvenimenti importanti.

Sorpassati i colonnini di Vallerozzi è come chiudere l’uscio di casa e lasciare il mondo al di fuori. Tutto quello che è successo durante la giornata non ha importanza. Possiamo scendere verso di te: l’animo sospira e dice “Sono a casa”.


Eleonora Sozzi

Bibliografia: Le pietre raccontano. Vallerozzi e dintorni-“I Gemelli. Quaderni della Contrada della Lupa , Seconda Edizione”

Articolo tratto dal Notiziario del Forumme del 16 Agosto 2020 dedicato alla Contrada della Lupa

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