domenica 23 giugno 2024

Malborghetto: casa e bottega

 

Il rione della memoria è fatto di volti, ambienti, mestieri che non ci sono più:
ognuno con i propri oggetti, spazi spesso angusti, odori tipici.

Da capo all’Onda c’è sempre stato un punto di ristoro: anticamente era un’osteria e si chiamava “La Lupa”. Poco più in là, a scendere, in tempi più recenti, c’era e c’è tuttora la trattoria “Garibaldi”.  Questo per i forestieri. Gli abitanti del rione andavano a fare la spesa all’angolo di vicolo San Salvadore da Ettore Pianigiani, che secondo alcuni aveva una bancarella di frutta al Mercato, famoso per essere stato duce dell’Onda, ma anche per un tentato omicidio. Si compravano generi alimentari anche nel negozio di Dando, che vendeva un pane buonissimo. Famoso era anche il forno del Bini, dove la domenica le donne portavano a cuocere il pollo.

Se la mamma “mandava a prendere il latte” c’era la bottega di Aldo Carnevalini, poi di Vittoria. Sembra di sentire il profumo dolce e zuccherino del negozio, che invitava alla colazione. Profumo di cittino, di infanzia serena: stava tutto nei bidoncini di latta o nelle bottiglie di vetro dove veniva versato, a richiesta, il nutriente liquido bianco. Mezzo litro, un litro, a seconda delle necessità e delle possibilità. Bottiglie e contenitori venivano puntualmente riciclati.

E l’arte del riciclo si esprimeva in maniera colorata e cilandrona nelle botteghe e nei magazzini dei cenciaioli: quelli di Iole e di Vannino e quella accanto alla bottega di Beppa. Anche quest’ultima, che vendeva dove ora c’è la Stanzina delle Donne, metteva in pratica una forma di riciclo, vendendo la frutta “punta”, quella di seconda scelta, a un costo ovviamente inferiore.

A quei tempi non si buttava via niente e si accomodava molto: al numero 69 della Piaggia di San Giuseppe c’era Alma, che rimetteva a nuovo le scarpe, come il Mocca, che faceva le ciabatte utilizzando la gomma delle ruote delle biciclette. Accanto a un magazzino del vicolo di San Salvadore ci stava Teresa, l’ombrellaia, che andava a fare le riparazioni anche a domicilio: oltre agli ombrelli accomodava anche i catini e le catinelle di terracotta. E poi, verso Piazza, una quasi omonima Teresina, che rammagliava le calze e fasciava i bottoni.

Per vestirsi a un livello di maggiore decenza si poteva andare da Genoveffa, la mamma di Otellino Fratalocchi, che vendeva le scarpe all’angolo della piaggia che va nel Mercato - nel negozio che esiste tutt’ora - e che aveva un laboratorio di maglieria e confezioni per i militari. Non mancava una merceria, accanto alla latteria, dove il Carnevalini prima e Ilda Cancelli poi vendevano nastri, bottoni, fili da imbastire, battitacchi, aghi e gros-grain (il famoso “grogrè) alle donne operose esperte nell’arte del cucito.

Dove ora c’è il bar estivo della Contrada, ex pasticceria, c’era la caffetteria di Nello, con vendita di vino e gioco del biliardo. Quasi di fronte Cencio, il vinaio: un altro collega si trovava davanti al Chiasso del Raspini e un altro in piazza del Mercato. Anche nel Casone, accanto alla cannellina dell’acqua, si spillava il vino: era uno dei tanti “cancellini”, una mescita di vino all’aperto. Sempre nel Mercato, sotto il murello, c’era il negozio del Palazzi, che vendeva tute da lavoro, biancheria, grembiuli e vestaglie. In tempi più recenti, per bagnare l’ugola all’angolo di San Salvadore c’era il bar L’Incontro e, prima ancora, la birreria di Biancaneve della Selva.

Oltre a Bacco non mancava il tabacco, spesso venduto, come nella bottega del Rossi e di Maria Debolini, insieme ai generi alimentari. Altre botteghe storiche erano quella del calzolaio Rodolfo e del barbiere: Guido Bruschettini, detto Lilla, prima e Silvio Chianese poi. Una parrucchiera da donna era in fondo alla Piaggia di San Giuseppe.


Nella Contrada che ha come santo patrono San Giuseppe non potevano certo mancare i discendenti di quei Legnaioli che anticamente avevano edificato la chiesa accanto all’arco di Sant’Agata: Qui, a poca distanza, c’erano un paio di laboratori di falegnameria. Era falegname anche Gino Ticci, davanti alla cannellina, e un falegname resiste ancora in via delle Lombarde. I lavori erano rifiniti da Attilio Barellini, detto Buzzino, lustrino.

In ordine sparso abbiamo i bagni pubblici prima della Piaggia di San Giuseppe - che assicuravano l’igiene una tantum ai tanti che non avevano il bagno in casa - la rimessa delle carrozze. Degno di menzione è l’erede degli antichi “acchattani” del Seicento, Mezzanotte, che raccoglieva le elemosine per le por’anime e si teneva una commissione che spendeva in gotti di vino, Antonello che vendeva le bombole del gas e – a metà piaggia – il carbonaio, che aveva sempre un carretto di legno fuori da una portaccia.

Quello dagli anni Quaranta agli anni Settanta era un mondo vivace, colorato e colorito, denso di un’umanità popolana, sanguigna, a tratti becera: dignitosa e pettegola, passionale e geniale, con un cuore grande così. Erano l’Onda e gli Ondaioli del passato: la nostra gente, quelli ai quali rivolgiamo, ancor oggi, un sorriso pieno di affetto.


Simonetta Losi 

Si ringraziano per le memorie Marisa Corbini, Massimo Crocetta, Gloria Gentilini e Armando Santini.

Immagini tratte dal Numero Unico “Un Palio, una Contrada” (1972)


Articolo tratto dal Notiziario del Forumme del 27 Giugno 2020 dedicato alla Contrada Capitana dell'Onda

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